Che fine hai fatto?
Uno così ne arriva ogni tanto, quando non mi faccio sentire per qualche giorno, - prima di ricorrere ai segnali di fumo - , quando il tempo sfugge via e allora c'è lei, la mamma, a riportarmi in questa dimensione spazio-temporale, ricordandomi che da più di una settimana non le scrivo un'email e che è pure un sacco di giorni che non aggiorno il blog.
Mi succedeva anche quando scrivevo il diario segreto.
A un certo punto ci si trova a un bivio.
O scrivi o viaggi.
O scrivi o esci.
O scrivi o dormi.
E mi chiedo: ma gli scrittori di viaggio famosi, chessò, Herman Hesse, dove lo trovavano il tempo di scrivere libroni interi? Facevano finta di gironzolare per il mondo? Le loro giornate duravano 48 ore? Non perdendo tempo su facebook potevano dedicarsi a scribacchiare sui loro taccuini?
Io il fine settimana scorso ho viaggiato.
Sono riandata in Croazia.
E sono pure un po' uscita.
Di pomeriggio e prima serata, niente sex, drugs and rock 'n' roll per capirci.
Giusto una passeggiata, un tè o un cappuccino extra-strong una sera, che mi ha tenuto sveglia fino alle 2 di mattina a maledire tutti i baristi del mondo.
E infine ho pure dormito, oggi pomeriggio, al ritorno da scuola, dalle 4.30 alle 7 di pomeriggio.
Ero talmente stanca che, avendo messo la sveglia alle 6, quando è suonata mi è venuto da PIANGERE.
Ma da piangere davvero.
Mi sono uscite le lacrime.
Perché mi sono svegliata in pieno stato confusionale.
Non sonnambula.
Ma semplicemente al rovescio nel letto e dunque confusa.
Suppongo che anche voi dormirete sempre dallo stesso verso.
Io di solito dormo con i piedi verso la finestra e la testa verso la porta.
Feng-shui? Non lo so.
Fatto sta che se mi addormento al contrario è come dormire in un'altra dimensione.
Infatti ho fatto dei sogni assurdi in cui una delle prof. di scuola mi confessava che la madre di un nostro alunno, una signora dalla chioma leonina, si era innamorata di lei.
Mi sono svegliata di soprassalto alla ricerca delle chiavi di casa.
Insomma, ho bisogno di riposo.
Questa settimana ho proprio deciso di strafare.
Ma sì, dai, schiaffiamo 7 ore di lezione al giorno, in modo da finire la settimana lavorativa alle 11.30 di mattima del mercoledì.
Sulla carta sembra un'idea geniale.
In realtà è una tortura autoinflitta.
Corro per i corridoi come una trottola impazzita e mi scappa di dare consigli agli studenti di 14 anni su come organizzare una festa quando i loro genitori non ci sono. Il cervello non connette! Ops!
Anche perché sono reduce da una bella e lunghissima domenica in Croazia.
Hristo, quello dei robot e della gita a Graz, cercava di nuovo compagni di viaggio e io non mi sono fatta sfuggire l'occasione di stravolgere i suoi piani.
Poveraccio, che santa pazienza.
No, a Zagabria no, che ci sono già stata.
No, a Pola no, che sono stata pure là e fra l'altro non è che mi sia proprio piaciuta.
Insomma, alla fine come al solito ho fatto un rigiramento di frittate e una testa tanta a questo povero
Ho anche rimediato due compagne di viaggio sul gruppo erasmus di facebook.
Agata, la polacca e, nuovo acquisto, Aurelia dalla Romania.
Quest'ultima avvertita alle 11 di sera di sabato perché un'altra candidata aveva dato forfait.
Destinazioni:
l'isola di KRK e la città di Rijeka (Fiume in italiano).
Già lungo la strada dei gran bei panorami.
Di Krk me ne avevano parlato in tanti, di quanto era bello il mare e del lunghissimo ponte che c'è da attraversare per arrivarci.
Però nessuno mi aveva parlato di quest'isola in inverno.
E questa sì che è stata un'idea geniale.
Perché io non sopporto in posti affollati.
Non mi piace fare foto e trovarci sconosciuti che mangiano, bevono, sudano, si baciano, si grattano la panza.
Non mi piacciono le strade affollate e i monumenti invasi.
Soprattutto se sono invasi da turisti rumorosi, tipo gli italiani o gli spagnoli.
Che urlano da un lato all'altro di una piazza e si fotografano toccando il sedere alle statue.
Mi piacciono le foto di paesaggi vuoti.
al massimo con me dentro.
E magari anche chi viaggia con me.
Beh, KRK d'inverno è l'isola che non c'è.
Abitata solo da gatti affamati (poverini) e fantasmi.
Leggera nebbiolina.
Temperatura ideale.
Mare calmo.
Acqua limpida.
Edifici abbandonati.
Silenzio.
Beccatevi un bombardamento di foto!
E si perde il confine fra cielo e terra.
Io non ho potuto resistere alla tentazione di sguazzare un po' nell'acqua fredda.
Rompere la liscia superficie del mare che riposa in inverno.
Ricordargli che fra pochi mesi torneranno le orde barbariche.
Se non fosse per il fondale pieno di sassi trucida piedi ci sarei rimasta pure di più a fare la sirenetta.
L'odore del mare mi ipnotizza.
Questo viaggio è stato il trionfo dell'autoscatto.
Per esserci tutti nelle foto, perché siamo stati incredibilmente d'accordo e in sintonia.
Abbiamo pure trovato la barchetta in mezzo al mare, là là, con il cognome della famiglia di Aurelia (Ivan).
E poi sulla via del ritorno visita a una città che Italia non è più.
Rijeka, la vecchia Fiume.
Strano.
Pensare che questi posti prima appartenessero a un altro Paese - il mio - e che poi la maggior parte degli italiani che vivevano da quelle parti hanno deciso di andar via.
O di farsi sentire e vedere meno.
Ci siamo arrivati sul tardo pomeriggio, già parecchio distrutti dal viaggio in macchina, dalle camminate, dalle foto di salti.
Sì, salti! Pare che sia la nuova moda.
Salta, click! Click, salta.
E ne fosse venuta bene una.
Io poi che salto a fare che porto gli scarponi da montagna che pesano mezzo quintale l'uno?
Al massimo mi sollevo da terra 5cm!
Con risultati alla stregua di effetti speciali, della serie che sembra che mi stiano fucilando, o che mi abbiano appena dato un cazzottone nello stomaco e simili.
Quella che mi piace di più però è questa, in cui io e Agata agli estremi destro e sinistro sembriamo due gallinelle, Aurelia pare che vada a cavallo e Hristo, novello superman, sembra che stia per spiccare il volo!
Appena ho un attimo di tempo la fotoshoppo!
A Rijeka di sera ce ne siamo andati - per puro caso - al castello.
A goderci il buio e le luci, l'immobilità e un attimo di solitudine dopo una giornata sempre insieme.
Ultima tappa Opatija, Abbazia in italiano.
Ci siamo arrivati già di sera tardi, e allora cosa c'è di meglio che perdersi un po' per le viuzze e far impazzire il navigatore della macchina?
Una lunghissima giornata il cui ricordo, a parte un centinaio di foto, è un fantastico lividozzo nero sul ginocchio, dovuto a un incontro ravvicinato con il cannone di cui sopra!
Senza dubbio, se devi scegliere, VIVI, un giorno o altro avrai il tempo di scriverlo tutto.
RispondiEliminaQuanto più vivi questa nuova vita a Slovenia, più ringiovanisci, hai fatto amicizia con qualcuno chiamato Mefistofele? oppure soltanto è che sei lontana del ladro?
Un abbraccio
Isabel
La lontananza dal 'ladro' mi ha senz'altro giovato, è come se non fosse mai esistito!
RispondiEliminaInfatti fra vita e scrittura sto scegliendo la vita, non me ne faccio scappare una! Forse dovrei comprarmi un registratore, registrare a voce quello che succede e poi 'copiarlo in bella' per scritto quando ho un po' di tempo ...
Cecilia