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25.6.12

Passo e chiudo

Ultimo buongiorno da Lubiana.

Oggi mi aspetta un viaggio in macchina a Trieste con le valigie stracariche (in realtà ho poche cose, ma con Ryanair in tutto posso portare 30kg), il cercare di organizzarle in aeroporto in modo da potermi portare via tutto, il volo verso Valencia, cena lì con due amiche e poi a mezzanotte il pullman per Murcia, dove arriverò alle 6 di mattina circa.


Questo blog si conclude qui, non avrebbe senso per me cambiare il titolo e portarlo avanti, guarderei sempre indietro e non voglio certo vivere di rimpianti.

Ho scritto e riscritto in vari post l'importa che ha avuto questa esperienza per me e non voglio ripertermi.
Non so che succederà poi, so solo che da oggi pomeriggio mi troverete sul nuovo blog:

www.nonsipuotornareindietro.blogspot.com

Grazie a quelli che, anche senza commentare, mi hanno seguita in questi mesi.
Grazie a tutti quelli che hanno commentato e mi hanno fatto sentire che quello che scrivevo non cadevs nel vuoto.
Grazie slla Slovenia e a tutte le persone che mi hanno accompagnata in questa avventura durata 10 mesi, ora ne comincia un'altra e chi vivrà mi seguirà vedrà.

Adijo Slovenija.

23.6.12

Ultimo giorno di scuola

Sono passati 10 mesi di scuola.

4 stagioni da quando ho scritto questo post qui e quest'altro qua.
295 giorni di scuola da quando mi perdevo nei corridoi, confondevo le classi, mi si incasinava il cervello con le lezioni e con i livelli.

Come un soffio.

Ieri è stata la festa di conclusione dell'anno scolastico.

Io non ero stata a scuola i due giorni precedenti, persa fra documenti, esami, correzioni e consegna alla scuola di lingue, valigia, svuotamento stanza. Un impegno dopo l'altro incastrati alla perfezione nelle due più calde giornate degli ultimi mesi.

E così quando sono arrivata a scuola non mi aspettavo che avessero rimontato il palcoscenico, simile a quello del primo giorno, ma con sullo sfondo il murales di quelli del 9° anno che hanno terminato le scuole elementari.

Non mi aspettavo che mi sarebbe stato concesso un ruolo così rilevante in una festa che oltre a essere conclusione dell'anno, era celebrazione della Slovenia, che il 25.06 festeggia la sua indipendenza dalla Yugoslavia.

E così dopo l'introduzione della direttrice, è toccato a me, unica straniera presente, rispondere a 14 domande sul cibo, i luoghi, i personaggio e la storia di questo Paese che per 10 mesi è stato la mia casa. Con un po' di aiuto di uno studente incaricato di non farmi fare figuracce le ho azzeccate tutte, anche l'altezza del Triglav, la montagna più alta della Slovenia, e quando ho detto 2864m in sloveno l'applauso è stato entusiasta manco avessi annunciato di averla scalata in un'ora quella montagna.

Mi ero addirittura messa una maglietta nuova, ricevuta in regalo da Arianna quando era venuta a trovarmi.
Di Snoopy.
Per concludere l'anno come l'avevo cominciato.
Con un sorriso.

La sera prima la mia coinquilina anima pia mi aveva aiutata a tradurre (vabbè, lo aveva tradotto tutto lei) il mio discorso finale in sloveno.
Avevamo tagliato e accorciato, ma alla fine avevo quasi due pagine da leggere.
Avevo pure preparato 100 foto, scegliendo a caso fra le 5000 fatte in questi mesi.
Una sorta di video come sfondo alle mie parole.
In modo che magari prof e alunni si sarebbero un po' distratti e non avrebbero fatto caso ai miei strafalcioni.

Il mio discorso era alla fine.
Dopo perfomance del coro, delle piccole ginnaste della scuola, delle violiniste, di un breve spettacolino comico, della consegna di premi ed onorificenze speciali.

Io fremevo seduta al mio posto, con la gola un po' secca, ripetendo la storia della ragazzina blu che in Slovenia aveva vissuto il suo sogno di una vita.

Sono salita sul palco fra gli applausi scroscianti di tutti.
Ed è stato come se il mio corpo fosse diviso in due parti.
Le gambe con la tremarella come quando avevo 12 anni ed ero Ceciliatimida.
Le mani ancorate al mio discorso, la voce forte, non spezzata e un sorriso.

Ho pure scherzato in sloveno.
L'ho letta con enfasi la mia storia.
Hanno riso, li sentivo, e mi hanno ascoltata sorpresi.

Poi ho alzato gli occhi, per continuare e concludere in inglese e li ho visti, i loro occhi lucidi, ed emozionati, come i miei.
Ho trattenuto le lacrime quando mi hanno dato un paccone di regali, quando la mia tutor ha letto il suo discorso e io non ne ho sentito neppure una parola, perché mi sentivo una star e mi sembrava di aver vinto l'oscar. Le ho trattenute durante gli abbracci e quando mi hanno cantato: Cecilia, you're breaking my heart ... con le vocette spezzate.

Ho trattenuto le lacrime perché per un anno intero ho sorriso e non volevo mi vedessero piangere.
Sono venuti a frotte a dirmi che bello il discorso, hai parlato benissimo sloveno, devi tornare, non te ne andare.

Poi le prof. di inglese ed alcune altre mi hanno portata in gelateria, a Grosuplje, vicino alla stazione dei treni, dove ero passata mille volte e non mi ero mai fermata. Volevano verificare che davvero potessi mangiare un gelato di proporzioni immense. Me lo sono preso triplo, per non deluderle. Alla dieta ci penserà la depressione che mi verrà da lunedì. (scherzo!)



Poi sono tornata a scuola.
E mentre tutti erano in classe io sono andata in sala professori dove era lo scatolone dei regali e l'ho aperto. Sapete che è da un anno e più che ho smesso di fare caso alle cose materiali.
Non compro più niente e preferisco ricevere pochi regali, perché comunque girando per il mondo mi sono resa conto che le cose non possono seguirmi.

Però dentro la scatola oltre a oggetti scelti a ricordare aneddoti che io avevo raccontato, c'erano due libri fatti di fogli rilegati. Fogli di lettere e disegni. Di un sacco di ragazzini. Tantissimi.
Pagine e pagine colorate, scritte in sloveno, e in inglese.

In cui mi raccontavano come si erano divertiti nelle mie classi, anche quelli che all'inizio pensavano: ma questa chi è e che è venuta a fare. E che erano colpiti dal fatto che non mi avessero mai vista triste. E sempre piena di energie.

E allora senza accorgermene ho cominciato a piangere.
Zitta zitta.
Sorridendo.

La valigia tiranna mi impedisce di portare con me quei due libroni di lettere e disegni. La scuola me li spedirà a Roma, così li potrà vedere anche la mia mamma.
Però io me li sono impressi bene a mente.

Perché ci sono stati mesi o magari pure anni della mia vita che non sorridevo.
E non mi va che risucceda.

In Slovenia non avrò imparato lo sloveno, ma ho imparato a cercare di essere felice.
A mantenere il cuore leggero il più possibile.
A schivare le cattiverie e i pettegolezzi della gente.
 A fare i conti con la mia coscienza e le mie azioni e a cercare di fregarmene di quelle degli altri.

Grazie Slovenia, grazie per avermi fatto venire le rughe dal tanto sorridere.

21.6.12

Con la testa fra le nuvole

Ho finito l'altro ieri di presentare il PPT di addio in tutte le classi in cui ho insegnato, ripeterlo così tante volte mi è servito da terapia. Ho metabolizzato questi 10 mesi, ho ricordato un sacco di momenti belli o totalmente ridicoli vissuti da agosto dell'anno scorso e ora sono pronta a partire (voi ci credete? Io no, ma magari se lo scrivo mi convinco!)

I momenti ridicoli e gli equivoci li ho già raccontati quasi tutti sul blog, se spulciate li trovate, e riraccontarli in classe fra le risate degli studenti mi ha aiutata a prendere questi giorni con più filosofia.

Ve ne faccio una breve rassegna:

- gli studenti qua a scuola portano le ciabatte, tipo pattine. Il primo giorno di scuola ho pensato che uno studente fosse malato e che lo stessero per portare via in ambulanza, dato che portava 'ste ciabattine e una specie di pigiamino (che poi erano pantaloni corti e maglietta). Gliel'ho pure chiesto se stava male. Poi ho pensato che fossero tutti in ciabatte perché essendo una scuola ecologica magari era il giorno di puliamo il pavimento tutti insieme.

http://comeniusinslovenia.blogspot.com/2011/09/ciabattiamo.html

- in mezzo ai campi qua si sono una specie di grossi armadi. E io pensavo che quello fossero: armadi per riporre gli strumenti agricoli, provviggioni di fieno e foraggio, chessò acqua. Sono alveari. Sì, tutti accozzati insieme come grossi cassetti. Correre verso un alveare immenso pensando che sia un armadio blu per fargli una foto non è un'esperienza che raccomanderei a nessuno.

- gli spazzacamini qua si vestono tipo squadre speciali della polizia antidroga. Io non mi drogo ma il giorno che lo spazzacamino ha bussato vigorosamente alla mia porta mi è preso un accidente.


http://comeniusinslovenia.blogspot.com/2012/03/cancamini-cancamini.html

E poi quelle che credevo fossero polpettine vegetariane e invece erano tipo gnocchi ripieni di marmellata, o le candele da cimitero che però qua sono tutte colorate e all'inizio pensavo fossero tipo quelle scacciazanzare per feste in giardino o in terrazzo.

E le copertine stile ottantenne che ti danno nei bar in inverno se ti siedi fuori e io mi dicevo fra me e me: ammazza le nonne slovene che moderne, c'hanno tutti 'sti bar solo per loro.

E poi il burro o forse lardo ingannevole che viene venduto in contenitori tipo Philadelphia, e gli yogurt liquidi in vasetto che tu pensi che sia uno yogurt normale e quello felice e contento ti esplode nello zaino.

Insomma, ora che tutte queste cose le so e non farei più la figura della scema, mi tocca andarmene. Non è giusto.

Sto scrivendo il discorso finale da pronunciare a scuola il mio ultimo giorno, mi sono uscite pure le lacrimucce. In realtà è una specie di favola su una tipa tutta blu, cioè io, e si fonda su un gioco di parole in sloveno, perché il colore blu si dice 'modra', ma questa parola significa anche saggia. E così è la storia della tipa blu di colore che però saggia non fu, perché invece di studiare lo sloveno, preferì farsi giri su giri, mangiare gelati, fare foto. Giusto perché i ragazzini capiscano che non ci si può solo divertire, perché sennò si viene rideportati nel deserto.

L'idea è farmelo tradurre dalla mia coinquilina in sloveno e leggerlo così non ci capirò niente di quello che dico e non mi commuoverò. Idea geniale delle mie.



E per concludere avrei dovuto pubblicare questo video qualche settimana fa, l'artefice me lo ha ricordato più volte. Sono i passi della quotidianità, quando piano piano una città diventa tua sotto i tuoi piedi, e metti un po' il pilota automatico.
A dire la verità a me qua non è successo, certo non mi perdo più per strada come all'inizio, ma di solito guardi in cielo più che in terra e forse per questo quest'anno l'ho vissuto così,
con la testa fra le nuvole.


18.6.12

Weekend in Serbia (Belgrado)

Un ultimo viaggio.
Attraverso tutta la Croazia da nord a sud senza soste perché il tempo è poco e vogliamo arrivare in Serbia.

Il ricordo più vivo delle ore passate in macchina sarà il verde.
Alberi, prati, boschi, campi coltivati.
Verde, verde, verde, verde.

Lo bevo con gli occhi, lo mangio con i polmoni, lo respiro nel vento di una calda giornata d'estate infine arrivata.
Sto per tornare al deserto murciano e così mi sparo questa overdose di verde, con gli occhi spalancati nonostante il sonno e la testa che pulsa per il sole.

Penso che se viaggiassi da sola e se avessi una macchina fotografica buona mi fermerei infinite volte a cogliere quei dettagli che spesso i miei compagni di viaggio non vedono.
Penso che se fossi io quella al volante finiremmo fuoristrada ogni 5 minuti.

E infine la Serbia.
Senza problemi alla frontiera questa volta.
Perché viaggiamo nella macchina con targa diplomatica di Verena, che lavora in ambasciata, e allora le guardie di frontiera guardano sorprese i nostri passaporti tutti diversi, pronunciano i nostri nomi storpiandoli,  e ci augurano buon viaggio ammiccando, come se avessimo un segreto condiviso.

Ci lasciamo alle spalle una fila chilometrica di tir, con i camionisti ad arrostirsi al sole in attesa di passare i controllo con le loro merci.
Mi viene in mente che spesso quello che mangiamo o indossiamo ha attraversato frontiere e confini a bordo di uno di questi camion e che se mi capitasse di incontrare un camionista dovrò ricordarmi di ringraziarlo, perché se sono distrutta io, dopo 7 ore di viaggio, loro poveracci come fanno?

E infine dopo la Slovenia, la Croazia e la Bosnia-Herzegovina, ecco un altro pezzo di ex Yugoslavia. E mi chiedo come culture e persone così diverse abbiano potuto vivere insieme per decenni. Evidentemente Tito doveva avere un gran carisma, tant'è che molti lo rimpiangono.

Il nostro ostello si trova proprio davanti alla stazione dei treni, al sesto piano di una palazzina decadente con cani randagi che vivono nel portone. L'ascensore non funziona e le scale non sono illuminate, ma la stanza da 6 è nuova e pulita, con un terrazzo che da sulla piazza e una panetteria aperta 24 ore al giorno a due passi.

Ci arriviamo infrangendo una ventina di regole del codice stradale e ci ritroviamo con Eva e Lucille, che hanno fatto il viaggio Lubiana-Belgrado in autostop e sono arrivate prima di noi.
Il caldo, dopo giorni e giorni di pioggia in Slovenia, brucia i visi e le spalle delle nordiche durante i nostri vagabondaggi. Io invece sono immune sia alle bruciature che alle zanzare e mi abbronzo solo quando ce ne andiamo all'isola Ada, nel bel mezzo del fiume Sava, punto di ritrovo domenicale di tutta Belgrado.

E scopro che gli abitanti di questa città, che credevo altissimi e freddi, alti sono ma anche molto amichevoli. Forse colpiti dalle nostre facce e accenti diversi (viaggio con 2 francesi, una tedesca, una austriaca e una belga e come lingue franche usiamo inglese, francese, tedesco e spagnolo in differenti combinazioni) gli abitanti di Belgrado ci avvicinano, ci raccontano, e noi tutte insieme creiamo frasi in sloveno (che è cugino del serbo) e facciamo conversazione nei parchi, in panetteria, in chiesa.

E mangiamo un'infinità di gelati, e ci sediamo nei bar, e ceniamo in un hotel a 4 stelle e in un ristorante che si chiama ? (Kafana Znak Pitanja) perché dopo aver cambiato nome una miriade di volte, dopo un litigio con il prete della chiesa antistante, che non voleva che questo ristorante si chiamasse la Taverna della Cattedrale, né l'ultimo proprietario né gli avventori ci capivano più niente

E ci perdiamo, e cerchiamo di leggere i cartelli in cirillico, e dormicchiamo distese nel parco del castello-fortezza (Београдска тврђава) in cui le panchine sono così.


E ammiriamo come il Danubio e la Sava si baciano e si fondono e io mi sento come quando avevo 8 anni e credevo di poter volare.



E poi andiamo al mercato e facciamo scorpacciata di frutti di bosco, passeggiamo per il centro e apprezziamo i graffiti (io) e le fontanelle ovunque (tutte) che sono una mano santa per combattere la calura.

E vediamo gli anziani che ancora lavorano nelle centinaia di bancarelle di gelati sparsi per la città, e frotte di stangone in wonderbra con minigonne invisibili e giganti spavaldi che ci guardano dritte negli occhi. E un sacco di polizia che a differenza di quella slovena non multa chi attraversa fuori dalle strisce e non ci vede girare in 6 in macchina, né parcheggiare in un prato.

E penso che tutti dovrebbero viaggiare, un fine settimana al mese.
Lo dovrebbe prescrivere il medico.

Che vabbè, è difficile se uno ha bimbi piccoli o genitori anziani a cui badare e non può allontanarsi. E per questo bisogna approfittarne quando si può, e godersi i viaggi con semplicità, senza stress e pochi soldi.
Io per questo viaggio ho speso quello che alcuni spendono per un paio di scarpe o forse una scarpa sola: vitto, alloggio, benzina, pedaggi a 80€!

Ora che sto organizzando le valigie per rimpatriare mi rendo conto che ho fatto proprio bene a non comprare nulla e a spendermi i soldi a giramondare.

Torno in Slovenia appiccicosa di sole, di fiume e di lamponi.
Con i piedi tagliuzzati dalle Birkenstok che non portavo da quando ero arrivata a Lubiana.
Con 4 capelli bianchi in più.
Con mezzo chilo di albicocche serbe nello zaino.
Con altre decine e decine di foto.
E con solo 7 giorni di vita in un Paese così piccolo che ti invoglia a sconfinare.

Viaggiate, gente, viaggiate.

(Prossimamente pubblicherò un post con i link di tutte le foto di quest'anno, del viaggio in Serbia ne ho quasi 300 e il blog tiranno non mi permette di pubblicarne altre per ora).

15.6.12

Ultimo viaggio

E dico viaggio, non ritorno a 'casa'.
Per quello c'è ancora tempo una settimana.

La mia macchina fotografica ha deciso di decedere.
È da stamattina che cerco di accenderla, cambiare le impostazioni, dirle dolci parole, minacciarla con la raccolta differenziata materiali elettronici.
Dopo circa 5000 foto è esausta e, diciamoci la verità, lo sono anche io.

(Notizia dell'ultima ora: Mathieu mi ha prestato la sua macchina fotografica! Yuppie).

Ho preparato il mio ultimo ppt di addio e l'ho presentato a raffica in (quasi) tutte le classi.
Hanno riso tutti, e il mio obiettivo era quello, finire come avevo cominciato, pagliacciosamente.

Se non mi va più bene il lavoro di prof potrei sempre fare il comico.

Di scuola mi rimangono solo due giorni. Martedì e venerdì che è la festa finale.

Oggi c'è il ballo di fine anno di quelli dell'anno 9 e io me lo perdo, così in loro onore ho messo come profilo di facebook una foto di quando ancora mi vestivo da femmina e non da sacco di patate come amorevolmente dice mia mamma.



Questi giorni non ho fatto altro che correre di qua e di là e sbolognare le poche cose che non mi entrano in valigia, (vendendole o affidandole a amici viaggiatori che le riporteranno in patria) , vedere come la mia stanza poco a poco si svuota, perde vita, torna anonima.

Mi è venuto da pensare a tutte le case dove ho vissuto, tutti i letti in cui ho dormito, tutte le volte che la mattina mi sono svegliata senza sapere dove fossi.

E mi è rivenuta in mente pure una canzone, di un gruppo serbo, di Belgrado.

Questa è la mia meta.

Non l'ho detto finora, per scaramanzia, perché non ero sicura di avere il tempo e l'energia di fare quest'ultimo viaggio, temevo una febbre improvvisa e un contrattempo dell'ultimo momento.

Invece no, si parte, fra 2 ore.
Devo finire di preparare la mia ultima minivaligia, e lo farò ascoltando Plavi Safir, Zaffiro Blu.


12.6.12

Caro genio della lampada ...

Parecchie volte al giorno mi ritrovo a pensare di aver poteri magici o meglio un genio della lampada installato nel cervello.

Perché com'è possibile che per caso a settembre 2011 io abbia portato un tupperware a scuola e lo abbia lasciato nell'armadietto tutto l'anno e oggi ho pensato bene di riportarmelo a casa e ci è tornato pieno di torta alla nutella?
Perché oggi quelle dell'anno 9 mi hanno fatto una torta di addio e ne è avanzata giusta giusta da portarmela via nel mio contenitore, che ha soggiornato nel mio armadietto per 10 mesi in attesa del momento torta nutella.

E com'è possibile che devo mandare un pacchetto e non ho lo scotch da pacchi e non trovo il momento di andarlo a comprare e oggi, mentre svuotavo l'armadietto lo trovo là in bella vista e giuro che non avevo detto a nessuno che mi serviva.

E com'è possibile che ogni volta che mi scordo di portarmi la merenda a scuola e verso le 10 schiatto di fame, com'è possibile che proprio quel giorno una prof. mi offra un pezzo di torta, o mi ritrovi in classe, manchi un ragazzino e quindi avanzi una merenda? (qui non se la portano da casa, gliela da la scuola).

E com'è possibile che dopo 10 mesi passati a quadrare orari delle lezioni per non fare torto a nessuno, quest'ultima settimana e la prossima io riuscirò a passare e salutare tutte, ma proprio tutte le classi?

E com'è possibile che in 10 mesi io non abbia mai perso la spazzola e il mollettone, che vagano per la mia stanza, ma si lasciano scovare in 5 secondi?

E com'è possibile che Sebastian vada a Roma a luglio e possa portarmi là parte del mio bagaglio, e una coppia di fratelli italiani scendano a Roma in macchina ad agosto e io possa dare loro altre cose a cui non vorrei rinunciare (fra cui il mio cuscino, comodissimo)?

E inoltre com'è possibile che Virginie dopo aver odiato Lubiana per un anno, all'improvviso si ritrovi ad amarla e decida di rimanere qua e di comprare da me un sacco di cose che non avrei potuto riportarmi via (piumino, lenzuola, asciugamani), in modo che nulla vada sprecato e ci guadagnamo entrambe?

E infine com'è possibile, che a 10 giorni dalla fine io riesca a organizzare un ultimo viaggetto per questo fine settimana, in un nuovo Paese che non speravo proprio di visitare?

E ora mi chiedo: caro genio della lampada, ma se tutto l'anno non hai fatto altro che esaudire tutti i miei desideri, non è che ti impegneresti un attimino di più ed esaudiresti il mio desiderio più grande, che è rimanere qua?

Giuro che non mi lamenterei assolutamente se la torta alla nutella me la devo mangiare tutta seduta stante, se lo scotch devo andarmelo a comprare, se non posso pettinarmi perché la spazzola sparisce e se la mia roba invece di venderla o darla a commessi viaggiatori me la tengo io e rimango qua. E accetto pure che ogni tanto un viaggetto vada in fumo.

Allora, caro Genio della lampada, che ne dici?

8.6.12

Mi mancherà ...

Una gita inaspettata di cui non conosco fino all'ultimo la destinazione e i partecipanti.

Non ero a scuola lunedì e solo nel tardo pomeriggio vengo avvertita della possibilità di partecipare a un'escursione martedì, che viene offerta come premio agli studenti più meritevoli della scuola e a ME.

Che da una parte me la merito perché sono stata una brava assistente, e dall'altra toccherebbe mettermi in castigo a vita, perché è solo colpa mia se me ne devo andare, perché sono stata una brava maestra ma una pessima studentessa di sloveno, e il rimpatrio è il prezzo da pagare.
(per quelli che me lo chiedono, non posso restare qui perché per lavorare nelle scuole pubbliche dovrei avere un livello almeno intermedio di sloveno)
La nostra meta è proprio Kolpa, che non è il peccato, l'errore, ma un fiume.


Arriviamo verso le 10 di mattina a un campeggio ancora chiuso ai campeggiatori, che però accoglie noi e le nostre mille attività da svolgere durante l'intera giornata.

Perché in Slovenia è così.
Quando i bimbi e ragazzini vanno in giro, forse per tacito accordo con i genitori, tocca stroncarli, fargli fare talmente tante attività senza prendere fiato che sul pullman del ritorno dormiranno tutti e arrivati a casa crolleranno. (in realtà sul pullman di ritorno mi sa che l'unica a ronfare ero io!)
E così si comincia con gare di corsa, corsa incrociata, passa la palla sotto e sopra, mimica con corsetta inclusa.

E poi dopo merenda ogni professore si incarica di altre prove:

- cammina sui trampoli e fai gol
- spara con un cannone a stantuffo e fai passare un proiettile composto da due bottiglie attraverso una ciambella appesa a un albero
- lancia palloncini pieni d'acqua con un lenzuolo e acchiappa i suddetti palloncini dall'altra parte del vialetto
- scendi giù per il prato con una specie di sci per tre persone
- prove di logica e matematica

Io ho fatto la fotografa ed ho ammirato la perfetta organizzazione, ho riempito palloncini d'acqua, ho fatto il tifo, e mi sono goduta una giornata senza pensieri.

Dopo tutte queste attività è arrivato il momento del pranzo e poi quasi subito a fare il bagno nel fiume.
(Evidentemente lo stomaco degli sloveni non deve rispettare la pausa italiana di due ore che sennò ti viene una congestione, un blocco della digestione, un coccolone).

Nel pomeriggio il tempo è peggiorato, ma ovviamente l'organizzatissima banda dei prof. aveva pensato anche a questo e avevamo tantissimi tipi di giochi da tavolo e piccoli e grandi hanno giocato insieme. Io pure mi sono unita al gruppo che giocava alla mimica, disegno, spiega la parola e le ore sono volate vie, fino al momento del ritorno.


E tutto questo mi mancherà.

Mi mancherà sentirmi chiamare teacher o učiteljica 200 volte al giorno.

Mi mancherà entrare in classe e che i ragazzini dicano Ceciliaaaa con le loro vocette felici e sorprese, come se io fossi un premio.
Mi mancherà andare in gita e che Kaja mi tenga il posto e che mi racconti durante il viaggio della sua fattoria e di come da da mangiare alle mucche e di come nascono i vitellini.
Mi mancherà parlare con le ragazzine dei loro cantanti preferiti e ritrovare  me stessa quattordicenne innamorata dei NKOTB nei loro occhi a cuoricino.
Mi mancherà sedermi a mangiare a tavola con le ragazzine di I media invece che con i prof e che queste facciano di tutto per parlarmi inglese e farsi capire e mi raccontino le loro storie ed ascoltino le mie.
Mi mancherà ritrovarmi a parlare per 20 minuti in inglese con una bambina di quinta elementare, e che mi dica che per lei è importantissimo imparare bene le lingue, perché così avrà più possibilità di trovare un lavoro  che le piace in futuro.

Mi mancheranno questi professori, che nel loro lavoro ci mettono anima e corpo, che organizzano decine di attività, che vanno sempre di fretta ma hanno sempre tempo per fermarsi a chiedermi come stai?

Mi mancheranno le cuoche della scuola, grazie alle quali sono ingrassata 4kg, e che mi hanno mantenuta sana e felice tutto l'anno, con i piatti stracolmi e la cura materna nel prepararli.

Mi mancheranno le prof. del dipartimento di inglese, con cui ho scambiato mille attività e materiali, con cui ho scoperto la pienezza di lavorare davvero in gruppo e che sono diventate mie grandi amiche. La mia tutor Sabina che mi ha lasciato tantissima libertà di movimento ed organizzazione e ha avuto piena fiducia in me.

Mi mancheranno i prof. di tutte le altre materie che mi hanno ospitato nelle loro classi, che si sono sempre sforzati di parlare in inglese in mia presenza, che mi hanno permesso di realizzare mille progetti e di mettermi alla prova.

Mi mancheranno Marjetka e Tanja, e i nostri viaggi in macchina verso scuola e le chiacchierate di mattina prestissimo, e la loro gentilezza.

Mi mancherà la preside e tutto lo staff di segretarie ed organizzatrici, che mi hanno fatto vivere in un mondo scolastico perfetto, efficiente, attivo, ricco di stimoli.

Mi mancherò io, come sono stata quest'anno, sempre felice, molto flessibile, anche un po' incosciente.
Pronta a cambiare, fuori dalla catena del consumismo, spensierata, positiva.

Come sarò fra 3 settimane non lo so.

Ieri sono arrivata a scuola e quelli del 9° anno, che finiscono le scuola elementare quest'anno (e andranno al liceo il prossimo) stavano imbiancando un'immensa tela.


Ogni anno questa tela (o meglio insieme di tele) viene cancellata e ridipinta, e a me è sembrata una metafora conclusiva di quest'esperienza.

La tela di nuovo bianca, le mille possibilità, anche se poi sotto allo strato di vernice fresca c'è chi siamo stati e cosa abbiamo fatto.

Torno indietro in un certo senso, (perché in Spagna ci ho già vissuto un secolo), ma vado avanti, sono un'altra persona.
 E se non è nelle mie mani cambiare le temperature Sahariane che mi aspettano, è in mio potere vivere quello che sarà con il ricordo di quello che è stato, di questa pienezza e felicità.