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28.12.11

Natale con i tuoi e con Mary Poppins

Durante il Natale in famiglia IMPOSSIBILE trovare il tempo per scrivere.

Sono arrivata il 23 sera, dopo ore e ore di attesa all'aeroporto di Venezia.
Nessun ritardo, solo che da Lubiana l'autobus per Venezia Marco Polo parte alle 8 di mattina (ci mette un 3 orette) e il mio volo era alle 6 di sera. E all'Alitalia non ti fanno cambiare l'orario del volo anche se i due precedenti non sono pieni, grande genialità.

Per questa ragione vi scrivo ora dal mio nuovo iPad.
(aggiornato a qualche giorno più tardi: ho fatto dei ritocchi con il portatile, per inserire le foto e aggiungere alcune cosine).
Io volevo un libro elettronico, proprio per queste pause insensate in aeroporto, per farmi abbuffate di libri spazzatura. Non so se l'ho detto, ma io leggo alla velocità della luce. Per intrattenermi 8 ore in aeroporto mi dovrei portare minimo un mattone da 2000 pagine.
Anti- ryanair. Anti-bagaglio a mano minimalista con cui viaggio ultimamente.

Invece Babbo Natale in quest'anno di crisi ha deciso di fare le cose in grande e tracchete, mi ha portato questa sottiletta tecnologica che mi fa incavolare perché quando voglio scrivere in inglese o spagnolo mi corregge tutto e scrive in italiano. E non so come scrivere gli accenti, così a meno che non sia questo aggeggio a decidere che l'accento ci va, niente passati prossimi col verbo essere, mi toccherà ricorrere al passato remoto. Arghhhhh.
E poi non so come si scaricano i libri, non mi fa vedere telefilm online, insomma, io odio leggere le istruzioni e mi toccherà farlo per capirci qualcosa.
(dopo una settimana di reciproca conoscenza le cose vanno migliorando)

In ogni caso torniamo al Natale romano.
Solo 5 giorni con i miei e un paio di chili in più.
Il frigo di casa mi fa venire l'agorafobia per quanto è pieno.




Mia madre cucina per tutto un reggimento che ogni anno non si presenta.
Gran maleducati.
Così dobbiamo mangiarci tutto noi.
Praticamente si sa quando ci si siede a tavola ma non quando ci si alzerà.
Antipasti, primi, secondi, contorni, frutta, dolce, caffè, altro dolce, una bella tazza di tè, due noci, frutta secca, panettone, pandoro, torrone, due datteri.
Meno male che in Slovenia mi sono allenata per quattro mesi a queste abbuffate.

       

Quest'anno feste abbastanza tranquille. Regali ragionati.
Mi pare che quasi tutti abbiano capito che NON voglio più cose.
Medito seriamente di aprire un blog a parte sui miei futuri esperimenti minimalisti.

Poi ho pure partecipato a una bella bruttombola e non ho vinto niente. Grande soddisfazione.
La fidanzata brasiliana di uno dei partecipanti esterrefatta. La prima volta che si gioca va sempre così. Quest'anno fra l'altro tutti si erano impegnati a scovare nei loro cassetti, cantine e soffitte il peggio del peggio.
Pezzo forte: una bella bomboniera rosa con una panchina - dove i due sposini si erano conosciuti - di quei bei materiali porosi che prendono la polvere che e (con l'accento, l'ipad si rifiuta) una bellezza.
Corredata da fiorellino obeso. E dalle iniziali incise degli innamorati.

Da qui ci sarebbe da aprire tutta una parentesi sulla tradizione delle bomboniere, che proprio non condivido. Regalare una bomboniera sapendo che la persona che la riceve la relegherà in un cassetto perché gli fa pena buttarla, che senso ha? Regalate piuttosto una penna, una confezione di caffè o una saponetta, che alle brutte possono essere sempre riciclati.
O chiediamo ai Comuni della città di adibire degli appositi contenitori della raccolta differenziata per tutti questi cocci kitsch di neonati rosa e celesti che piangono, ridono, dormono e si cucciano il dito, e roselline, angioletti, marinaretti, vasetti e fratel coniglietti.

Poi ho giocato con i miei nipotini.
Una, quella di 4 anni, mi ha detto che di anni io ne ho 8. Quando le ho chiesto che le pareva l'idea che anche io avessi un figlio per il prossimo Natale, prima mi ha guardato esterrefatta (effettivamente se per lei ho 8 anni, l'idea che io possa avere un figlio può sembrare un tantinello assurda) e poi ha aggiunto che no, non vuole, perché i bimbi piccoli non servono a niente e io non avrei più tempo per giocare con loro.



La più grande mi ha detto che di anni ne ho 20 - evidentemente le creme di bottega verde fanno miracoli - e anche a lei l'idea che io non possa più giocare non e (accento!) piaciuta per niente. Le ho regalato il suo primo diario segreto, magari fra una trentina d'anni scriverà un blog pure lei.

Poi c'è il maschietto piccolo, con cui faccio le esplorazioni della mia stanza di Roma, alla scoperta delle cose assurde che contiene: torcie a forma di papera o zebra, spugne anch'esse a forma di papera, paperelle di plastica, peluchini e peluchetti di gatti, mia sorella (che a lui fa una gran paura).

Durante il periodo natalizio leggo sui facebook di tanta gente odio o disprezzo o noia rispetto alle feste.
Mi chiedo perché.
Sono vacanze.
Sono un'occasione per mangiare seduti tranquilli.
Per uscire e vedere vecchi amici.
Per riunirsi in famiglia.
Per dormicchiare a volontà.

Se la parte dello shopping e regali e ressa può forse creare un po' di stress, si può sempre decidere di non fare regali o di cominciare a comprarli con tranquillità verso ottobre, risparmiando così tempo e soldi.

Se sono i falsi buoni sentimenti ciò che trovano irritante, beh, basta evitare contesti in cui ci siano persone false. Che poi se sono false a Natale lo saranno pure tutto il resto dell'anno. E allora perché frequentarle durante l'anno e odiarle in special modo a Natale?

Secondo me chi disprezza il Natale lo fa perché gli piacerebbe averne uno davvero pieno di buoni sentimenti ...
Beh, dico io, si può sempre approfittarne per andare a fare un po' di volontariato alla mensa della Caritas o affini, no?
O farsi due chiacchiere con i propri nonni, se sono ancora vivi, o con i propri genitori, o leggersi un libro, scriverne uno, sbrinare il frigo -.- o magari tagliarsi le unghie dei piedi o farsi un pediluvio ...
insomma, fare tutto ciò per cui si dice sempre di non avere tempo.

A me il Natale da un po' di anni piace.
Sarà perché vivo lontano dai miei e per Natale torno.
E ciò che non mi piace delle feste - il consumismo sfrenato e le abbuffate esagerate - lo 'combatto' ed elimino.

E poi posso giocare e accarezzare la mia canetta. Una delle attività più rilassanti e faticose allo stesso tempo.
Perché Aika non perdona. Quando vuole essere grattata non ci sono santi e feste comandate che tengono.
Non le importa che tu stia cenando.
Ti si siede accozzata, proprio sui piedi.
E ti guarda.
Con quegli occhioni che è impossibile resisterle.
E così tu cominci ad accarezzarla.
Dopo una ventina di minuti ti formicolano le dita.
Il braccio si fa pesante.
Smetti per un secondo.
Ed eccola Aikona che si gira di scatto come a dire:
eh, nooo, non va bene così, voglio una grattata seria.
Non si può smettere finché non lo decide lei.



E se ci scappa mi vedo pure Mary Poppins in tv.

22.12.11

La tranquillità dell'ape Maya

21 DICEMBRE

Sono (quasi) giunta al mio quarto mesiversario in Slovenia.
Domani.

4 mesi passati alla velocità incalzante delle lezioni che si susseguono, dei treni da prendere all'alba e i passaggi e chiacchiere mattutine in macchina, dei viaggi con gente appena conosciuta che si organizzano in 4 e 4 8, delle valigie che si fanno e si disfano ormai con il pilota automatico, di cosa mi aspetterà ogni giorno quando vado a mensa, di parole imparate senza ordine né logica, di strade non più sconosciute che ancora mi sorprendono, di sconosciuti che diventano amici, di quando infine arriverà la neve vera.



L'altro giorno non ci volevo pensare e l'ho presa sul ridere come sempre, scambiando bilanci per bilance e rimandando le riflessioni più serie a più in là.

Ma oggi è stato l'ultimo giorno di lezione prima delle vacanze.
In realtà torno a Roma venerdì, ma ho bisogno di un giorno per organizzarmi.
Per non arrivarci distrutta come sempre.
Anche se poi il viaggio durerà come un volo a New York.
Grrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrrr (per le 6 ore di attesa che mi aspettano all'aeroporto di Venezia!)

Questa settimana mi sono sentita la leader di una setta.
La predicatrice di una nuova religione.
La maga delle televendite.
Un'attrice alla centesima replica della stessa opera teatrale.

Mi riferisco al PPT sul Natale, presentato in quasi tutte le classi a ciclo continuo negli ultimi 3 giorni.
Lo so a memoria.
So le battute, so gli aneddoti.
Anticipo gli effetti speciali.
Mi sono imparata una canzone di Justin Bieber a memoria.
E sono rimasta senza voce.
Sì, è proprio arrivato il momento di andare in vacanza!

(Se l'anno prossimo non ho lavoro mi do al cabaret.)

I risultati sono stati molto diversi.
In alcune classi ci sono stati baci inaspettati sotto il vischio.
In altre no (perché sennò la mia fidanzata si ingelosisce - detto da un biondino skatebordista di I media).
Ci sono state domande e disinteresse.
Improvvise timidezze ed improvvisi entusiasmi.
Il mio pubblico mi sorprende.

E io, come al solito, tergiverso.

Ora però non ho scampo.
Ho la lavatrice in funzione e la valigia che straborda.

E Marjetka mi ha regalato dei biscotti fatti da lei.
Mi sono detta che me li posso mangiare tutti di botto, oggi pomeriggio, se e solo se riesco a mettere un po' d'ordine nei miei pensieri e ...





22 DICEMBRE

Ops, ho barato!

Ho trangugiato un biscotto dopo l'altro ... mmmm ... buoniiiii! Grazie Marjetka!
Ma dopo l'overdose di zucchero ho deciso di preparare in anticipo un po' di lezioni per gennaio in modo da evitare lo stress del ritorno.
Ma quale stress?
Io qua lavoro le stesse ore che in Spagna in fin dei conti.
Però lo stress si è volatilizzato.
Prima, un paio di anni fa, si manifestava con grandi mal di testa, anticipati da una bellissima morsa allo stomaco mattutina. Con tanto di corse all'ospedale, che per fortuna era proprio dall'altra parte della strada.
L'anno scorso invece lo stress mi si concentrava tutto nella gamba destra.
A un certo punto avevo pensato che mi stava andando in cancrena.

Se proprio devo fare un bilancio di questi 4 mesi posso dire che,
nonostante le alzatacce alle 5 di mattina e i cambi di programmi all'ultimo minuto,
ho imparato a rilassarmi.

Perché questa città è bella da vivere, perché non dovendo quasi cucinare e fare la spesa ho una preoccupazione in meno, e perché non capendo lo sloveno non so che aria tira al lavoro.
Non so se si odiano e si insultano a morte (non credo comunque).

Svolazzo felice come l'ape Maya da una classe all'altra.
Insomma, mi sento un po' una bimba che non capisce (e non è interessata) al mondo dei grandi.
Tranquillità che mi permette di concentrarmi sul lavoro in quanto tale e non sugli annessi e connessi.

E questo era un mio proposito all'inizio dell'anno.
Ridurre il livello di stress.
MISSIONE COMPIUTA!

Allora se volete un consiglio spassionato per vivere meglio, evitate i pettegolezzi e le combriccole sul lavoro, evitate di ascoltare e dire che Tizio ha fatto questo e Caio ha detto quest'altro.
Trattate tutti con rispetto, anche se non se lo meritano, e non arrabbiatevi se la gente non fa altrettanto, il problema è loro, non vostro.
Non cercate di cambiare la testa degli altri, perché spesso è una battaglia persa.
Cambiate la vostra piuttosto.

If life gives you lemons, make some lemonade.

E poi pensate alla vostra vita vera, che è quella fuori dal lavoro,
quella in cui io voglio avere il tempo per passeggiare, fare foto, scrivere, leggere, chiacchierare.

Detto questo me ne vado a ritirare il mio permesso di soggiorno e a passeggiare, perché stanotte è caduta un po' di neve e, per concludere un degno 2011 qua, devo dare sfogo alla mia giapponesità!

Ciriciao gente, a risentirci da Roma (credo).
Vi lascio con gli auguri in sloveno, sono riuscita a imparare come si fanno dopo averlo chiesto e richiesto in TUTTE le classi una cinquantina di volte!

vesel božič in srečno novo leto

18.12.11

TEMPO DI BILANCI ... O DI BILANCE

La prossima settimana sarà intensa e frenetica.

Avrò lezioni su lezioni, in cui propinare a tutte le classi un fantastico PPT (e come no?) che ho preparato sulle festività natalizie britanniche con tanto di video e musichette, cercando di soffermarmi su aspetti strani o diversi dai soliti albero, Babbo Natale, Rudolph e le renne e We wish you a Merry Xmas che i ragazzini di qua conoscono da quando hanno 6 anni.

(Consigli per i prof. all'ascolto per una lezione sul Natale in UK: potete parlare dei Christmas crackers, e dei terribili maglioni con le renne o con le pallette di Natale che alcuni portano, dei calendari dell'avvento ripieni di cioccolatini, dei baci sotto il vischio, dei bigliettini di Natale che finito il Natale vengono buttati nei contenitori appositi per il riciclaggio bigliettini, e poi dei biscotti gingerbread, del pudding dato alle fiamme, del Boxing Day coi saldi e lo sport in tv e della tradizione del 'First Footing', che non è una gara di corsa, ma una tradizione scozzese che dice che porta fortuna se è un uomo bello, moro e dalla pelle scura ad attraversare la soglia di casa tua per primo dopo la mezzanotte del 31 ... e vorrei ben vedere!!! )

Ovviamente mi presenterò a lezione provvista di apposito cappellino o cornuta!
E ovviamentissimamente due volontari scelti a caso dovranno sbaciucchiarsi sotto il vischio!



Ed è così che mi è venuta un'improvvisa nostalgia della Scozia, 6 mesi di assenza e chissà quanti ancora, e dei dolci natalizi scozzesi (mince pies, le avete mai provate? buoneeee) , e della neve - che qua non arriva - e del freddo pungente.

Perché, cari miei, due sono le cose:
o sono io che mi sono davvero trasformata in una bella foca con tanto grasso sottocutaneo che ormai non noto più il freddo, o in Slovenia l'inverno non è ciò che mi avevano preannunciato!

Non fa freddo!
No, no, no.
Niente sensazione di estremità inferiori congelate e ditini dei piedi rattrappiti.
Niente naso che cola e che quasi si stacca dalla faccia.
Niente manine intirizzite che cercano nelle tasche un po' di calore.

Io, belli bei, dormo con la finestra aperta.

Vabbè, sono stata malata.
Da giovedì.
All'improvviso giovedì mattina alle 5 mi sono svegliata come se mi avessero spremuto 1000 limoni nello stomaco. E ci avessero buttato sopra un bel chilo di sale a piene mani.
Ho pensato fosse uno strano sogno.
Ma no, era proprio vero.
Avevo una barbeque nelle interiora.
Ho cominciato a girarmi e rigirarmi nel letto come una fettina panata.

Poi ho capito che non c'era niente da fare.
Una bella influenza intestinale (poi ho scoperto che girava a scuola, i vantaggi di lavorare con i pupi).
30 ore a letto a sudare le 7 callare.
Con la testa infuocata come una fiaccola olimpica e varie altre conseguenze che non sto qua a descrivere per decenza.
Ma non ho mangiato dunque per due giorni.

E ora che la tempesta nello stomaco si è placata ne sono felice.
Tempo di bilanci sì, e di bilance.
Avrò perso almeno un chiletto.

Tornando alla finestra aperta di notte, proprio ieri riflettevo sul fatto che le mamme scandinave mettono i loro bimbi fuori dal balcone o dalla porta di casa nella carrozzina a fare un riposino anche in inverno.
Ben coperti ovviamente, ma fuori, quando fa  - 5°c.
E hanno ragione.
Con il freschetto si dorme meglio.
Belli raggomitolati sotto il piumone, con i calzettoni spugnosi e la canotta infilata dentro ai pantaloni del pigiama. Provateci e poi mi dite.

Io sono guarita così, a base di tè (39 centesimi, 20 bustine), uva passa e ananas candito (l'unica cosa che il mio stomaco riusciva a tollerare) e aria fresca!

Io poi dormo con la finestra aperta pure per un'altra ragione.
Mi sa che l'ho già detto, non ricordo.
Sono nata a Roma, e da piccola vivevo sulla Via Ostiense.
Un sacco di traffico e i mercati generali di mattina presto.
Se c'è qualcuno che urla fuori dalle mie finestre o se sotto casa passa una corsa di formula 1, io dormo felice e beata come una pupetta.
(Poi però se c'è un'orologio che ticchetta nella stanza non mi do pace finché non lo trovo e lo nascondo a 10 metri di distanza).

Ritornando alle bilance, me ne servirebbe proprio una per pesare la valigia.
Venerdì me ne torno a Roma (passando per Venezia, un'epopea che durerà solo 10 ore)

E alla fine ai bilanci dedicherò un altro post.
Ora vado a farmi un tè e un bel piatto di riso in bianco.
Stomaco mio, preparati al Natale.

13.12.11

O SCRIVI O VIVI

Oggi ho ricevuto un messaggio dalla mia mamma:

Che fine hai fatto?

Uno così ne arriva ogni tanto, quando non mi faccio sentire per qualche giorno, - prima di ricorrere ai segnali di fumo - , quando il tempo sfugge via e allora c'è lei, la mamma, a riportarmi in questa dimensione spazio-temporale, ricordandomi che da più di una settimana non le scrivo un'email e che è pure un sacco di giorni che non aggiorno il blog.

Mi succedeva anche quando scrivevo il diario segreto.
A un certo punto ci si trova a un bivio.

O scrivi o viaggi.
O scrivi o esci.
O scrivi o dormi.

E mi chiedo: ma gli scrittori di viaggio famosi, chessò, Herman Hesse, dove lo trovavano il tempo di scrivere libroni interi? Facevano finta di gironzolare per il mondo? Le loro giornate duravano 48 ore? Non perdendo tempo su facebook potevano dedicarsi a scribacchiare sui loro taccuini?

Io il fine settimana scorso ho viaggiato.
Sono riandata in Croazia.
E sono pure un po' uscita.
Di pomeriggio e prima serata, niente sex, drugs and rock 'n' roll per capirci.
Giusto una passeggiata, un tè o un cappuccino extra-strong una sera, che mi ha tenuto sveglia fino alle 2 di mattina a maledire tutti i baristi del mondo.



E infine ho pure dormito, oggi pomeriggio, al ritorno da scuola, dalle 4.30 alle 7 di pomeriggio.
Ero talmente stanca che, avendo messo la sveglia alle 6, quando è suonata mi è venuto da PIANGERE.
Ma da piangere davvero.
Mi sono uscite le lacrime.
Perché mi sono svegliata in pieno stato confusionale.
Non sonnambula.
Ma semplicemente al rovescio nel letto e dunque confusa.

Suppongo che anche voi dormirete sempre dallo stesso verso.
Io di solito dormo con i piedi verso la finestra e la testa verso la porta.
Feng-shui? Non lo so.
Fatto sta che se mi addormento al contrario è come dormire in un'altra dimensione.

Infatti ho fatto dei sogni assurdi in cui una delle prof. di scuola mi confessava che la madre di un nostro alunno, una signora dalla chioma leonina, si era innamorata di lei.
Mi sono svegliata di soprassalto alla ricerca delle chiavi di casa.

Insomma, ho bisogno di riposo.

Questa settimana ho proprio deciso di strafare.
Ma sì, dai, schiaffiamo 7 ore di lezione al giorno, in modo da finire la settimana lavorativa alle 11.30 di mattima del mercoledì.
Sulla carta sembra un'idea geniale.
In realtà è una tortura autoinflitta.
Corro per i corridoi come una trottola impazzita e mi scappa di dare consigli agli studenti di 14 anni su come organizzare una festa quando i loro genitori non ci sono. Il cervello non connette! Ops!

Anche perché sono reduce da una bella e lunghissima domenica in Croazia.
Hristo, quello dei robot e della gita a Graz, cercava di nuovo compagni di viaggio e io non mi sono fatta sfuggire l'occasione di stravolgere i suoi piani.
Poveraccio, che santa pazienza.
No, a Zagabria no, che ci sono già stata.
No, a Pola no, che sono stata pure là e fra l'altro non è che mi sia proprio piaciuta.

Insomma, alla fine come al solito ho fatto un rigiramento di frittate e una testa tanta a questo povero Cristo, ops, Hristo e l'ho convinto a cambiare l'itinerario.
Ho anche rimediato due compagne di viaggio sul gruppo erasmus di facebook.
Agata, la polacca e, nuovo acquisto, Aurelia dalla Romania.
Quest'ultima avvertita alle 11 di sera di sabato perché un'altra candidata aveva dato forfait.

Destinazioni:
l'isola di KRK e la città di Rijeka (Fiume in italiano).

Già lungo la strada dei gran bei panorami.

   





Di Krk me ne avevano parlato in tanti, di quanto era bello il mare e del lunghissimo ponte che c'è da attraversare per arrivarci.
Però nessuno mi aveva parlato di quest'isola in inverno.
E questa sì che è stata un'idea geniale.

Perché io non  sopporto in posti affollati.
Non mi piace fare foto e trovarci sconosciuti che mangiano, bevono, sudano, si baciano, si grattano la panza.
Non mi piacciono le strade affollate e i monumenti invasi.
Soprattutto se sono invasi da turisti rumorosi, tipo gli italiani o gli spagnoli.
Che urlano da un lato all'altro di una piazza e si fotografano toccando il sedere alle statue.

Mi piacciono le foto di paesaggi vuoti.
al massimo con me dentro.
E magari anche chi viaggia con me.





Beh, KRK d'inverno è l'isola che non c'è.
Abitata solo da gatti affamati (poverini) e fantasmi.



Leggera nebbiolina.
Temperatura ideale.
Mare calmo.
Acqua limpida.
Edifici abbandonati.
Silenzio.

Beccatevi un bombardamento di foto!







E si perde il confine fra cielo e terra.

Io non ho potuto resistere alla tentazione di sguazzare un po' nell'acqua fredda.
Rompere la liscia superficie del mare che riposa in inverno.
Ricordargli che fra pochi mesi torneranno le orde barbariche.
Se non fosse per il fondale pieno di sassi trucida piedi ci sarei rimasta pure di più a fare la sirenetta.
L'odore del mare mi ipnotizza.




Questo viaggio è stato il trionfo dell'autoscatto.
Per esserci tutti nelle foto, perché siamo stati incredibilmente d'accordo e in sintonia.

Abbiamo pure trovato la barchetta in mezzo al mare, là là, con il cognome della famiglia di Aurelia (Ivan).



E poi sulla via del ritorno visita a una città che Italia non è più.
Rijeka, la vecchia Fiume.
Strano.
Pensare che questi posti prima appartenessero a un altro Paese - il mio - e che poi la maggior parte degli italiani che vivevano da quelle parti hanno deciso di andar via.
O di farsi sentire e vedere meno.

Ci siamo arrivati sul tardo pomeriggio, già parecchio distrutti dal viaggio in macchina, dalle camminate, dalle foto di salti.
Sì, salti! Pare che sia la nuova moda.
Salta, click! Click, salta.

E ne fosse venuta bene una.
Io poi che salto a fare che porto gli scarponi da montagna che pesano mezzo quintale l'uno?
Al massimo mi sollevo da terra 5cm!
Con risultati alla stregua di effetti speciali, della serie che sembra che mi stiano fucilando, o che mi abbiano appena dato un cazzottone nello stomaco e simili.

Quella che mi piace di più però è questa, in cui io e Agata agli estremi destro e sinistro sembriamo due gallinelle, Aurelia pare che vada a cavallo e Hristo, novello superman, sembra che stia per spiccare il volo!



Appena ho un attimo di tempo la fotoshoppo!

A Rijeka di sera ce ne siamo andati - per puro caso - al castello.
A goderci il buio e le luci, l'immobilità e un attimo di solitudine dopo una giornata sempre insieme.



Ultima tappa Opatija, Abbazia in italiano.
Ci siamo arrivati già di sera tardi, e allora cosa c'è di meglio che perdersi un po' per le viuzze e far impazzire il navigatore della macchina?

Una lunghissima giornata il cui ricordo, a parte un centinaio di foto, è un fantastico lividozzo nero sul ginocchio, dovuto a un incontro ravvicinato con il cannone di cui sopra!

9.12.11

ORARI, ROBOT E PAPPAGALLI

Scusate l'assenza.

Ho già detto che la mia tutor è andata via? In maternità anticipata?
Ora ho una nuova tutor, ma già da un po' di settimane avevo cominciato ad organizzarmi io l'orario, e continuo a farlo. Dopo soli 3 mesi e mezzo qui a scuola (!!!!) , ho infine l'orario di tutte le prof. di inglese.
So dove cercarle, come acciuffarle, cosa proporre, quando, come e perché.
(Calcolando poi che 3 su 4 si chiamano Mateja, l'impresa si complica!)
In ogni caso lo facevo già prima in maniera anarchica, ora finalmente un po' d'ordine.

Quando uno dopo l'altro ho copiato i loro quadranti orari su uno globale mi sono sentita come Cristoforo Colombo al momento della scoperta dell'America.
Un nuovo mondo!
Infine tutti i codici delle lezioni e dei gruppi, 9AB3, 8BC, 8A3,  6AC1 e compagnia bella hanno un senso nella mia testa.
Ora non correrò più il rischio di riproporre lo stesso powerpoint sulla mia famiglia a una classe che già lo ha visto. 'Sti ragazzini ormai sanno i nomi, il lavoro e l'età, l'altezza, il colore preferito e il numero di scarpe dei miei genitori, nonni, cugini, nipoti, cani, gatti e sanno ciò che mangiamo a Natale, a Pasqua e a Ferragosto.

Ma ora ho L'ORARIO! Niente più confusioni!

Perché tutto ciò non è successo ad agosto quando sono arrivata? Boh, non lo so proprio.
All'inizio ci sono una bolgia di cose da fare, una baraonda di cose da capire.
Ora infine si sono calmate le acque, non mi perdo più per i corridoi e posso organizzarmi il MIO orario da kamikaze, senza nessuna pausa fra una lezione all'altra, proprio come piace a me.

E sentirmi come si sentono questi poveracci prof. sloveni, che di ore di lezione ne fanno 1/3 più di me.

In questi giorni, dopo che ho aggiornato qua sul blog il post sul Comenius, mi ha scritto parecchia gente interessata ad insegnare qua. Allora ci ho tenuto a  specificare - oltre al fatto che bisogna abilitarsi e parlare sloveno - anche la caterva di ore di lezione da fare e lo stipendio che si riceve in cambio.
Praticamente in 3 giorni un prof. sloveno fa le stesse ore di un prof. spagnolo in una settimana, per circa la metà dello stipendio.
Gli insegnanti sloveni devono proprio amare il loro lavoro.
E mi pare allora che è il posto giusto per me.

Inoltre la direttrice della mia scuola e le sue segretarie devono avere un computer impiantato nel cervello per aver saputo organizzare un sistema ad incastro praticamente perfetto.
Se un prof. sta male ci sarà (quasi sempre) qualcun altro dello stesso livello che potrà prendere la sua classe, in modo da non perdere lezioni. E sennò ci sono sempre io, che sono il jolly adatto ad ogni circostanza.

Così per esempio questa settimana ho organizzato una lezione di robotica.
Se proprio ce la vogliamo dire tutta io non ho fatto niente, a parte trovare (casualmente) i contatti e portarli a scuola. E obbligare l'esperto robotico sloveno a fingere di essere di un'altra nazionalità, così i ragazzini dovevano per forza fare domande in inglese ... ehehehe ... sono perfida!

Fra l'altro lo sloveno (foto a sinistra) credeva  fossi IO la prof. di robotica.
E perché mai avrà pensato tal cosa?
La mia anima da secchiona traspare ancora dopo tanti anni?
Non portavo neppure gli occhiali quando l'ho conosciuto.
Avrò forse la faccia da topo di biblioteca laboratorio?



Insomma, ora che ho l'orario riesco anche a organizzarmi in modo da fare tutte le mie ore in 3 giorni.
E allora, infine, ho cominciato a studiare sloveno.
Per conto mio, senza professori bananosi.
(vedi http://comeniusinslovenia.blogspot.com/2011/09/prima-lezione-di-sloveno-con-il.html)

Dicono che nell'apprendimento di una lingua straniera ci sia un periodo di silenzio che dura circa tre mesi.
In cui si ascolta, si assimila e poi infine si comincia a riprodurre.

Beh, io non riproduco.
L'altro giorno una ragazzina in classe 6 mi ha detto che era proprio felice quando c'ero io in classe.
Perché imparava un sacco, dato che io non parlo sloveno e loro devono sforzarsi di usare l'inglese.
Non so se prenderlo come un complimento o constatare il mio fallimento.

E allora mi sono stufata.
Lingua slovena ti sfido a duello.

E così mi sono cominciata a fare i disegnini scemi con i verbi.



E ieri ho trovato una pagina web, in cui ci sono frasi secondo gli argomenti (al ristorante, la famiglia, i Paesi ecc. ecc.) e c'è una tipa che le legge come se stesse per essere mandata al patibolo. Dopo essere stata imbottita di valium.

http://www.goethe-verlag.com/book2/SL/SLIT/SLIT019.HTM
(ci sono frasi in 50 lingue)

Però evidentemente per il mio cervello funzionano questi metodi.
Altro che metodo comunicativo e interculturale.
Altro che la lingua nel suo contesto e le situazioni autentiche.
Alla faccia di tutto ciò che ho studiato e dei progressi della didattica delle lingue,
io uso con me stessa il metodo pappagallo.
Infarcito di una buona dose di grammatica.

Sarei l'orrore di qualsiasi prof. di lingue.

Mentre spolvero, mentre ramazzo, mentre incarto i vasetti di miele affinché non esplodano in valigia,
mentre mangio la pasta al sugo, mentre metto i calzini in fila ad asciugare sul termosifone, mentre organizzo le fotocopie accumulate su divano, mentre scrivo sul blog
io ascolto
e riascolto
e poi di nuovo
e ripeto.

Il mio periodo di silenzio è finito.
A noi due, Sloveno!
E che vinca il migliore!

4.12.11

Non ho l'età ... non ho l'etààààààà ...

Sì, non ho l'età giusta per un paio di cose:

1) Il mio fidanzato Luka (quello di 8 anni per capirci) ora mi accompagna alla stazione dei treni.
Io a volte torno a casa in treno da scuola, perché i poveri prof. sloveni hanno riunioni interminabili e io posso fuggire - i vantaggi di non parlare sloveno.
Insomma, l'altro giorno trotterellavo verso la stazione quando, all'improvviso, Luka compare al mio fianco.
Sarà un baby-stalker? Si apposterà dietro i cespugli di biancospino per seguirmi?

Fatto sta che ho fatto un pezzo di strada con lui.
Mi scordo sempre che ha 8 anni, perché parla inglese come me.
Lui in realtà con accento americano. Io, per mantenere le distanze, sparo vocali ed r britanniche.

Luka è mancato alle ultime due lezioni di italiano e quasi mi prende un accidente.
Senza di lui chi traduce??? Chi mi aiuta? Chi gira tra i banchi per assicurarsi che tutti abbiano capito bene ciò che devono fare?
Una tragedia! Praticamente l'ultima lezione con i piccoli gli ho fatto scoprire il google translator e sono rimasti sorpresissimi, almeno quello, e uno ha proclamato che i traduttori artificiali sbagliano e che non potranno mai capire l'essenza della lingua (pure questo tipo ha 7 anni, ve l'ho detto che gli sloveni sono tutti piccoli filosofi).

Insomma, camminiamo insieme verso la stazione.
Luka arranca portando lo zainetto di scuola e anche la chitarra.
Mi sembra proprio che lui non debba andare nella mia direzione - in cui non c'è null'altro che la stazione - ma non dico niente e chiacchieriamo.

E sapete che mi dice?

Luka: Cecilia, tu hai foto di un sacco di posti del mondo...
(Avevo fatto una lezione nella sua classe sul cibo tipico dei Paesi di lingua inglese, usando foto mie).

Io: sì, Luka, giro un sacco.

Luka (occhi da Bambi): ma sai già se l'anno prossimo rimarrai con noi?

Io: Non lo so, Luka, perché il mio sloveno non migliora. (e sento il suo cuore che va in frantumi)

Luka: Sì, è una lingua difficile. Magari posso aiutarti.

A questo punto, dato che mi sembrerebbe un po' vergognoso accettare lezioni di sloveno da un ragazzino di 8 anni, svicolo e torno all'argomento precedente.

Io: Beh, se non imparo lo sloveno, magari mi trasferisco in un altro Paese, chessò, la Svezia.

Luka (riflette, pensoso): insomma, ti si potrebbe definire una viaggiatrice.
(la parola inglese traveller però è più bella!).

Io: beh, sì. Presto comincerai anche tu, scommetto. Magari puoi diventare professore di italiano e girare per il mondo a insegnare..

Luka: sì, voglio essere come te.
Però voglio fare il medico, e viaggiare per il mondo e aiutare la gente.

Poi siamo arrivati alla stazione e Luka mi ha lasciata ai miei pensieri.
Ho ricordato quando a 9 anni volevo fare il veterinario per aiutare tutti gli animali del mondo (lo faccio ancora un po', anche se in altro modo) e quando a 11 anni volevo fare il marinaio per girare qua e là (e questo lo faccio davvero, ma non per mare).

Mi ha ricordato la purezza di quei desideri, la voglia che si ha da piccoli di fare le cose per bene, in modo giusto, affinché tutti siano felici. Il mondo perfetto che si ha nella testa.

Luka mi ricorda un po' come ero io, idealista e filosofa, con un sacco di bei grilli per la testa.
Mi piacerebbe, fra 20 anni, scoprire che è diventato medico davvero.
Luka, se avesse 30 anni di più, sarebbe il mio uomo ideale.
Magari, dato che è così geniale potrebbe inventare la macchina del tempo e tornare indietro, a prendermi, a bordo di un furgoncino sgangherato, con la sua zazzera bionda al vento.

2) Sono uscita di sera.

PREMESSA: L'inverno su di me ha l'effetto di spingermi a rintanarmi in casa, con un buon libro, il riscaldamento accesso, i calzettoni pelosi, una tazza di tè, qualche bel biscottone al cioccolato, andare al letto presto, svegliarmi al sorgere del sole.
Al massimo esco di pomeriggio, a farmi un giro quando torno da scuola, a fare i soliti milioni di foto o a incontrare qualche amico per un tè o un dolcetto!


(Torta nutella, cocco, banane ... mmmm)

Ma è come stare in casa. I bar sloveni hanno tutti quest'atmosfera salotto della nonna.
Ti danno pure le copertine.
Sì, avete capito bene.
A disposizione dei clienti ci sono delle belle copertine.
Per non rinunciare la piacere di sedersi fuori, e respirare quest'aria buona che sa di castagne, di foglie, di legna sul camino, di nebbia.



(Idea geniale andare sul grattacielo di Lubiana, uno dei giorni più nebbiosi dell'anno, eh??)

Tornando al dunque.
Io, in inverno, di sera non esco.
Venerdì però ho deciso di uscire.
Alle 8.30 per carità, che qua mica siamo in Spagna.
Per prepararmi psicologicamente avevo pure dormicchiato dopo pranzo.
E mi ero messa ad ascoltare canzoni reggaeton mentre mi preparavo.

Ci siamo visti in Piazza, come sempre.
E siamo andati a un baretto nascosto in una delle viuzze perpendicolari alla mia strada.
C'eravamo solo noi.
7 rumorosissimi stranieri e 2 sloveni, che per osmosi diventano rumorosi pure loro, quando stanno con noi. Poi il bar è gestito da uno spagnolo e da un francese.
Mi ha ricordato i tempi dell'erasmus.
Chiacchiere sceme, chiacchiere serie.
Giusto due-tre birre.

L'unica cosa è che non ho più ventanni.

E così, quando gli altri baldi giovani e pulzelle si sono diretti, prima mezzanotte, verso la destinazione successiva, io ho fatto una Cenerentolata.
Sì, sono scappata via.
Non ce la facevo più!
Quatta quatta sono sgattaiolata su per le scale del pub in cui eravamo appena entrati.
E me ne sono tornata a casa.

Con un piede dolorante per gli stivali con 2 centimetri di tacco, il maglione infilato in fretta e furia al rovescio con delle bellissime etichettone in bella vista sul davanti, un certo numero di patacche sulla maglietta, e un principio di mal di testa.
Manco fossi stata a un rave di 3 giorni a impasticcarmi.

Così ieri è stata una giornata zombie.
La punizione della fata madrina per essere rientrata dopo lo scoccare della mezzanotte.
Ho poltrito a letto tutto il giorno.
Ho mangiato pasta del giorno prima a colazione.
Per autopunirmi ho aperto tutte le finestre.
Però ieri non faceva freddo.
Allora ho deciso, nonostante il mal di testa, di leggermi un libro intero.
E il mal di testa mi è passato.
Mi sono pure fatta una doccia usando lo scrub per i piedi ... per il viso.
Ringiovanita.

E per concludere in bellezza ieri accendevano le luci del grande albero di Natale che è nella piazza principale alle 5 di pomeriggio.
Ci sono andata, ed ha cominciato a piovere.


Finalmente un po' di catarsi.

1.12.11

BRUTTOMBOLA


Natale.
Tempo di estremo consumismo.
Di corsa all'acquisto.
Di caccia al regalo.

Sapete come la penso.
Da quasi un anno porto avanti l'esperimento 100 cose.
E nelle 100 cose devono entrarci pure i regali di Natale.
E allora devo riflettere bene su cosa comprare.
Su cosa può essere davvero utile e non finirà dimenticato in un cassetto.



Per quest'anno credo che mi darò ai generi alimentari.

O calzini, come sempre.
Perché fanno sempre comodo.
Perché secondo me sono un simbolo di grande amore.
Penso a te dalla testa ai piedi.

Per me stessa un biglietto aereo.
Per farmi un viaggetto a Capodanno.
I miei occhi vorrebbero delle scarpe bellissime che ho visto in un negozio settimane fa.
Ma che costano 80 euro e in realtà non è che mi servono.

Mi ricordo che da piccola leggevo il Diario di Anna Frank.
E all'epoca ero rimasta molto sorpresa dal fatto che Anna descrivesse dei regali di un compleanno di qualcuno - il suo o di una delle persone con cui viveva, non ricordo - e che fossero cose estremamente quotidiane, tipo forse un pettine o del tè.

Mi piacerebbe regalare e ricevere oggetti quotidiani, che quando li usi ti ricordi della persona che te li ha regalati, che ha pensato ai tuoi piedi, affinché stiano caldi e comodi, alle tue dita, che possano scrivere e prendere appunti, al tuo stomaco, pieno di cose buone.

Però è davvero difficile uscire dalla spirale del consumismo.
Se non ci riuscite, a vi piovono da Tizio e da Caio regali di cui proprio non avete bisogno,
che fare?

L'ennesimo paio di ciabattone o guanti?
Dei bellissimi canavacci o presine?
Un romanzo che non leggereste neanche morti?
Una bussola?
Una felpa fuxia?

Le soluzioni sono molteplici.
Potete rivenderli.
Potete riciclarli.
Potete portarli alla Caritas.
E sennò organizzate una bella bruttombola.

BRUTTOMBOLA?

E che caspiterina è?
Eccovi le istruzioni.

Armatevi di un normale tabellone della tombola e cartelle.
Fagioli, lenticchie o bucce di mandarino come segnalini.
Invitate 10 amici più o meno.
Chiedetegli di selezionare i regali che hanno ricevuto di cui si vogliono liberare.
Possono pure essere regali di compleanni passati.
Cose in giacenza negli armadi.
Cose che loro stessi hanno comprato in saldo e poi si sono resi conto che no,
non gli serviva un atro mestolo da cucina,
una maglia girocollo color salmone,
una cuffia in silicone per il corso di nuoto a cui non si segneranno mai.
Ditegli che devono incartarli.
Carta riciclata di altri regali, o carta di giornale.

Poi ci si riunisce e si mettono questi fantastici regali insieme, tutti su un tavolo.
Ogni persona ne può portare al massimo 7 (o 5, o 10, dipende da quanto tempo volete tombolare).
E saranno i premi della tombola.
Non si sa cosa si vince finché non si scarta il regalo.
Ci saranno regalini piccoli da ambo, tipo un bel portachiavi a forma di toro spagnolo.
Un po' più grandi da terno, un bel paio di calze a pois.
La quaterna è già una cosa seria! Disfiamoci di qualche bel CD.
E la cinquina? Una bella scatola decorata con conchiglie.
Per la tombola?
A volte possono essere piacevoli soprese:

Io l'anno scorso ho vinto un cellulare di seconda mano che uso ancora.
Il proprietario se ne era comprato uno più moderno, ma a me che mando solo messaggini andava bene proprio quello. Poi ho scoperto pure che faceva delle bellissime foto.
Ho vinto pure una lampada che tocca montare ad incastro, ma non ci sono ancora riuscita.
E cose inutili, che ho provveduto a passare oltre o a conservare per bruttombole future.

In cambio:
Ho sbolognato dei libri di autoaiuto.
Delle collanine e braccialetti.
Degli uccellini di porcellana.

Poi ci sono il terrore dei terrori della bruttombola.

Le cose che ogni anno vengono riproposte e che proprio nessuno vuole vincere.
Che causano gridi liberatori quando infine uno riesce ad appiopparle a qualcun altro.
Il top del top visto finora?

Un'opera di una famosa artista americana, regalo di nozze ricevuto da una coppia di amici di amici.
Consisteva in un cuore di legro.
Con due buchi. In cui passava del bellissimo fil di ferro.
Da appenderlo (al collo dell'artista, e buttarla a fiume, peccato che il legno galleggia).

E una statua di un angelo.
Fatta di quel materiale che cambia colore a seconda del tempo.
Tempo di buttarlo via!
O di passarlo al successivo malcapitato.
Ho pure una testimonianza fotografica di cotanto orrore.



Ho esportato questa tradizione anche in Spagna e la mia amica Maria ci ha lasciati tutti allibiti.
L'avevo avvertita con grosso anticipo e le avevo spiegato fin troppo bene le regole del gioco.
Mannaggia a me!
Così ha avuto tempo di fare mambassa a casa di parenti ed amici, deliziandoci con un'infinita varietà di orribili bomboniere e soprammobili. Sadica!

Le grida di terrore più disperate? Per il vincitore di una coppia di delfini di coccio che facevano l'amore (ma non erano le civette?), orsettini amorosi e scatoline di porcellana adornate con fiorellini che prendono la polvere che è una bellezza. E una casa-lampada, un telefono degli anni '80 e chi più ne ha più ne metta.

Quindi un consiglio. Non spiegate agli invitati le regole in modo TROPPO accurato.
E dateci giù voi!!!


E buon divertimento a tutti.
Se ci giocate raccontatemi poi che cosa avete vinto.