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31.1.12

Ungheria on the road

Ci ripenso e ci ripensano soprattutto le mie gambe ancora doloranti.
In 5 nella macchinetta micro machine.
Partenza da Lubiana alle 9.30 di mattina.
Arrivo a Budapest alle 16.30.


7 ore di viaggio, con le tedesche al bordo dell'infarto.
Io, essendo figlia di mio padre che a Schumacher fa un baffo, non mi preoccupavo quando Mustafà passava da una corsia all'altra senza magari nemmeno guardare lo specchietto o mettere la freccia.
O frenava all'ultimo minuto.
Al fatto che la cintura di sicurezza centrale di dietro non funzionasse non ci ho pensato più di tanto.
Melanie invece si è fatta venire il torcicollo da tanto girarsi a guardare se magari dietro di noi c'era qualche camion che ci avrebbe potuto fare a polpette. Ma fortunatamente non c'era nessuno.

Qualche autogrill (5 in 500 chilometri) e il vuoto.
L'Ungheria è vuota.
Almeno nella parte che va dalla Slovenia a Budapest.
Nel senso che non ci sono paesini nel mezzo.
E non ci sono macchine.
C'è da qualche parte lungo la strada un lago di 70km (Balaton).
Noi però non l'abbiamo visto.
Né all'andata, né al ritorno.

 

E non c'è neppure la frontiera.
Altro che visto.
Altro che timbro sul passaporto.
Siamo arrivati in Ungheria e non ce ne siamo neppure accorti.

Quando si passa il limite fra Italia e Slovenia per andare a Trieste ci sono i vecchi edifici di confine, vuoti e graffitati, e qualche camionetta della guardia di finanza che perquisisce furgoncini.
Quando di passa il confine con l'Austria per andare a Graz c'è una sorta di scultura-porta-valico che mette un po' in soggezione.

Quando si passa il confine fra la Slovenia e l'Ungheria nessuno lo sa.

Il primo a dare l'avviso è stato il mio cellulare italiano, che mi comunicava i prezzi di messaggini e telefonate da questo nuovo estero.




Poi all'improvviso i cartelli stradali si sono riempiti di nomi di città con un sacco di ipsilon e u e dieresi su tutte le lettere. E allora ci siamo resi conto che avremmo dovuto comprare la vignetta.

Pure in Ungheria, come in Slovenia e in Austria, c'è questo pedaggio da pagare sulle autostrade, che però non dipende dal numero di chilometri. Che tu ne faccia 1 o 100 paghi la stessa cifra.

Noi ce ne siamo fatti almeno 100 senza pagarla.
Poi cartelli minacciosi hanno cominciato ad avvertirci di video-sorveglianza e multe in caso di mancata vignetta. Mi sono di nuovo venuti in mente i baffuti cavalieri all'inseguimento.
Così ci siamo fermati a comprarla. Scoprendo che era una specie di scontrino.
E non un codice a barre - adesivo da appicicare sul cruscotto come in altri Paesi.
Dunque la video-sorveglianza era tutta una bufala per stranieri.
Niente cavalieri dell'apocalisse al galoppo.
Non abbiamo incrociato nessuna macchina di polizia stradale.
In realtà non abbiamo proprio incrociato nessuno.

C'era solo un'aquila che ci ha seguito durante tutto il viaggio.
Buon segno, ho pensato, influenzata dalla lezione sugli animali totem di un po' di giorni fa.
Un sacco di alberi infestati dal vischio.
E silos rotondi e luccicanti che non abbiamo capito cosa fossero.



A un certo punto mi sono chiesta: ma gli Ungheresi esistono?
O saranno solo una leggenda metropolitana?

Per saperne di più vi aspetto alla prossima puntata ...


30.1.12

Budapest - prepartenza

Lo so che aspettavate questo post con ansia, ci impiegherò a scriverlo il tempo che ci metterò a riprendermi dal viaggio stesso e dalle varie peripezie. Dunque questa è solo la prima parte. Andiamo con ordine.

Primo attacco di panico giovedì pomeriggio: ma Mustafà, che è turco, avrà bisogno del visto per entrare in Ungheria? Ci avrà pensato? Ci bloccheranno ala frontiera e ci rispediranno a casa? Mi risuonano in testa i racconti di vari viaggiatori, il cui passaporto è stato controllato almeno 30 volte in treno nel corso delle 9 ore di viaggio. Noi viaggiamo in macchina e le ore si spera saranno meno di nove, ma già mi immagino dei baffuti poliziotti di frontiera a cavallo che ci inseguono nelle steppe ungheresi.




Vabbè, spengo la spia d'allarme nel mio cervellino e che Santa Europaunita e Santo Schengen ce la mandino buona.

Inoltre scopro che Mustafà, il nostro pilota, non è munito né di navigatore né tantomeno di mappa. Pensava che noi femmine ci fossimo occupate anche di questo (oltre a prenotare l'ostello - io e Gesche-, andare in biblioteca a prendere non una, ma tre guide dell'Ungheria - io - e a preparare un bel ciambellone al cioccolato - Melanie).Io per stereotipo sessista ho pensato che questo compito spettasse a lui.
Ma che sarà mai? Basta andare sempre dritti verso est, alle brutte finiamo in Croazia, no?

Non è tutto.
Sono circa 1000km da fare.
Io di macchine non me ne intendo.
Però quando vedo il nostro mezzo di trasporto penso che al massimo arriveremo al centro commerciale fuori Lubiana.
Mustafà ha comprato questo macinino per 350€.
Sì, avete capito bene, una macchina per 350€.
Costa la metà del mio ipad. Glom.
Che Santa Renault Clio ci protegga.
Mi chiedo anche come c'entreremo in 5, dato che last minute si unisce a noi comenius anche Jonathan, un francese pifferaio.
Prevedo sederi spiaccicati, ginocchia sotto il mento, torcicolli, contorsionismi, incriccamento generale.

Incontro partecipanti in partenza dalla Slovenia: giovedì sera.
Per rivedere tutti dettagli insieme.
Alla fine si decide che Melanie per sicurezza stamperà l'itinerario da google maps, giusto per non sforare in Russia. E io mi scrivo l'indirizzo dell'ostello su 3 fogli diversi, in modo da perderli sicuramente tutti.
Si fissa l'incontro per le 9 della mattina seguente, raccomandandoci di ridurre il bagaglio al minimo e preoccupandoci per Mustafà che, abituato ad altri climi, porta calzette estive, scarpe di tela e giacchettina.
Si sta congelando già a Lubiana.
Melanie decide di portare calzini anche per lui.

Me ne vado a letto quasi convinta che a Budapest non ci arriverò, ma poi penso che un Paese per me sfigato già c'è (è la Turchia, ho provato ad andarci 4 volte, ed è sempre successo qualcosa che me lo ha impedito). Viaggiare con un turco allora mi porterà fortuna?

A Budapest incontreremo altre due comenius italiane, Angela (che sta in Austria) e Agnese ( che sta in Slovacchia) e un bel po' di altra gente variegata. Quindi voglio arrivarci, il macinino funzionerà, alla frontiera passeremo spediti e tutto andrà magnificamente ...
O quasi ...

Ma per saperne di più dovrete attendere a prossima puntata.


jó éjszakát (buonanotte in ungherese)

26.1.12

Tandem. Scambio linguistico, language exchange

L'ho promesso a inizio dell'anno di imparare (almeno un po') di sloveno.
Le strategie per imparare una lingua straniere sono tante.
I più pensano che andare a vivere nel Paese straniero sia sufficiente.
Beh, per lo Sloveno non è così.

Però io ci provo.
Dall'inizio dell'anno cerco di imparare almeno una parola al giorno, selezionata secondo la strategia che contraddistingue anche la mia scelta di compagni di viaggio e di libri in biblioteca: a casaccio!

Ho una predilezione per i gruppi di parole a tre a tre in cui cambia solo una lettera:

juha - suha - muha (zuppa - asciutto - mosca)

O per quelle che vedo sui cartelloni pubblicitari:

Kašelj : tosse
Jaslice: presepe

Poi ci sono quei giorni che sto uscendo dal portone e vedo che l'amministratore di condominio (o forse un vicino inalberato) ha attaccato un cartello al portone, e non è il primo, e io di solito li ignoro perché non li capisco, ripromettendomi di chiedere spiegazioni alla mia coinquilina, ma poi me ne scordo sempre!
Così ieri sono passata alla tattica foto!



E scopro, grazie a google translator, che anche qui nel paese dei balocchi ci sono stati due tentativi di scassinamento delle porte delle cantine del nostro palazzo, perché il portone principale non chiude bene e quindi può entrare chiunque! CAVOLI! E beata ignoranza mia negli ultimi 5 mesi.

E poi c'è il tandem.
Esiste da anni, questa modalità gratuita di scambio linguistico, per cui io ti insegno la mia lingua e tu mi insegni la tua; ma molte persone tristi, sole e depresse all'estero non pensano a quest'opzione per farsi nuovi amici ed imparare la lingua del posto. Ci sono pagine web, gruppi di facebook, si possono mettere cartelli in giro, insomma, non è difficile trovare qualcuno che voglia fare un po' di pratica.

A Lubiana ci riuniamo da un po' di settimane con sede variabile.
Lo organizza sempre un ragazzo sloveno, Igor, a cui piace insegnare e gli studenti variano ogni settimana.
Non si tratta di vere e proprie lezioni strutturate, quanto piuttosto di un incontro in cui Igor risponde ai nostri dubbi e cerchiamo di imparare più parole possibili.
O almeno io.
Altri vengono magari solo per passare un po' il tempo.
Ad alcuni non interessa la grammatica e non prendono neppure appunti.
Io invece mi faccio odiare da Igor con le mie solite 3000 domande e i miei tentativi di sabotare l'ordine che lui si è preparato. Sono un'alunna rompiscatole insomma.

Allora ho pensato di provare anche un'altra modalità: lo scambio spagnolo - sloveno a 2.
Ieri mi sono vista con una ragazza slovena conosciuta attraverso facebbok.
Che mi ha fatto scoprire un posto dove fatto una cioccolata calda alla pera buonissima.

Abbiamo parlato quasi sempre in spagnolo.
Io in sloveno so a malapena presentarmi, chiedere che ora è (ma non sono molto sicura che capirei la risposta), dire al controllore/bigliettaio sul treno dove voglio andare e da che stazione sono partita.
(qua si va sulla fiducia. Se sali sul treno in stazioni piccole piccole e senza macchinetta per comprare i biglietti, e il bigliettaio sta facendo il suo giro sul treno e arriva da te dopo 20 minuti, si fiderà di ciò che gli dici senza battere ciglio).

Poi ne ho approfittato una mezzoretta per chiederle di aiutarmi a fare una lista delle tipiche istruzioni che do ai ragazzini in classe anche in sloveno.
Della serie: completate, colorate, traducete, mettete nell'ordine giusto.
I miei due gruppi di italiano hanno l'esame martedì e mercoledì e voglio assicurarmi che abbiano capito cosa devono fare.

In sloveno c'è un verbo per dire colorate (barvajte) e un'altro verbo per dire colorare questo disegno che vi sto dando, ma coloratelo proprio tutto tutto. (pobarvajte)
Le preposizioni che si appiccicano davanti ai verbi PO, NA, PRE, ecc. ogni volta significano una cosa diversa e non valgono per tutti i verbi, in certi verbi sono necessarie perché sennò l'azione verrebbe intesa da non completare, in altri invece non servono. Peggio che i phrasal verb in inglese!

In classe ora dico alcune parole o frasi in sloveno.
A volte i ragazzini sghignazzano, altre mi guardano sospettosi, della serie, oddio questa sta studiando, prossimamente capirà ciò che diciamo e sono cavoli amari. Altri mi corregono la pronuncia, altri mi dicono bravo (perché qua bravo è un'espressione fissa che si usa tanto al maschile quanto al femminile).

E domani me ne vado a Budapest.
L'ungherese mi pare ancora peggio dello sloveno.
Forse servirà a rincuorarmi.
Per ora vi saluto.

LEP DAN (BUONA GIORNATA)

23.1.12

OSSICINI E PATATINE

Quando uno si sveglia alle 5.30 di mattina, fa colazione con un occhio aperto e uno chiuso ed esce di casa verso le 6.30, è naturale che si verifichino dei piccoli incidenti di percorso.

Di solito riesco ad acchiappare tutti gli spigoli di casa, le mie gambe sono a chiazze di lividi stile dalmata, a volte mi scordo di guardarmi allo specchio prima di uscire e così magari arrivo a scuola con una chiazza di dentifricio o i baffetti di caffè. Ma stamattina me la sono vista brutta.

Come ogni lunedì all'alba, quatta quatta arriva la signora delle pulizie che lava le scale del nostro palazzo.
Quando esco lei ha già finito e mi chiedo: ma a che ora si sveglierà?
Però stamattina mi sono scordata. E le scale erano belle scivolose.
Nonostante gli scarponi da montagna ho seriamente rischiato il capitombolo.

Avete presente quel momento in cui si sa che si sta per cadere,
si nota in anticipo la culata, si spera che non ci siano testimoni e si prega di non rompersi l'osso del collo?
Beh, questa volta contro ogni pronostico mi sono aggrappata alla balaustra.
Se non lo avessi fatto probabilmente sarei ruzzolata giù per un paio di piani!

Però, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, ho ripensato che proprio ieri, facendo un po' di pulizia nella cartella bozze della mia posta dal 2002 in poi, avevo ritrovato la descrizione di uno dei miei capitomboli più belli, e che forse la coscienza incosciente di tale lontana caduta (avvenuta fra l'altro proprio di questi tempi) avesse funzionato da catalizzatore scaramantico oggi, e io insomma sono ancora tutta intera.

E ho deciso di condividere con voi ciò che scrissi a quei tempi, in modo da tenere a bada gli spiriti scivolarelli, che sono quelli che ti spingono giù dalle scale, ti fanno precipitare dalle sedie, e ti fanno franare in mezzo alla strada come un pera cotta e la gente non può fare a meno di farsi due risate.

Ecco dunque, fatevi due risate alla faccia mia.


Ciò che segue è il resoconto di quello che per chi c'era  - TINA - fu la mia giornata CHIP(ped) BONE scozzese, correva l'anno 2003 ed ero a Glasgow come assistente.

++++++++++++++++++

Salve a tutti,
sono scomparsa ma questa volta ho un buon motivo, ho la giustificazione firmata dal medico!
Domenica tanto per non perdere l'abitudine ho fatto un capitombolo acrobatico che ora vi narrerò.
Per chi mi conosce da Murcia sapete che sono un'esperta di cadute, ma dato che era da un bel pezzetto che non ne facevo una seria ed eclatante questa volta mi ci sono messa di impegno.

Eravamo andati a trovare la mia amica Tina, e alle 7pm spinti dalla golosita' abbiamo deciso di uscire per andare a mangiare delle sanissime chips. L'ho sempre pensato che fanno male alla salute!

Stavamo scendendo le scalette in giardino e io cercavo di aprire coi denti un pacchetto di fazzoletti per darne uno a Tina; c'è da dire che io non ho mai fazzoletti con me e che proprio quel giorno avevo coscientemente deciso di prenderne un pacchetto chissà perché.

Insomma per farla breve, impegnata com'ero ad addentare i kleenex non mi sono resa conto che c'era uno scalino sbeccato e ho preso il volo; il bello è stato che avevo lo zaino carico di spesa e dunque oltre al mio peso piuma mi sono catapultata giù per le scale con altri 7-8 kiletti di roba.
Il giardino ovviamente era in pendenza per cui ho magicamente capriolato su me stessa e mi sono ritrovata a testa in giu' nell'erbetta. Alla fine non so come mi son rialzata, sono rientrata in casa e mi sono resa conto che questa volta il capitombolo lo avevo fatto proprio bene, il piede sinistro si era gonfiato alla velocità della luce, mani e ginocchio destro insanguinate...insomma, tutto compreso, non avevo fatto torto a nessuno dei miei 4 arti!!!

Alla fine, dato che vedevo che la cosa era un po' più dolorosa delle altre volte, io che odio ospedalidottorimedicine mi son fatta convincere ad andare al Pronto Soccorso.
Beh, di pronto non c'è stato molto, perché mi vedesse un medico ho dovuto aspettare 3 ore, la sedia a rotelle su cui mi hanno obbligato a sedermi era troppo corta e dunque avevo il piede a penzoloni, ovviamente le infermiere non parlavano una lingua comprensibile, era pieno di drogati e ubriaconi casinari.

Vabbé, infine mi mandano a fare i raggi X e un uomo che parlava come Topolino, dopo averme chiesto: where do you stay? (scozzese per dire: where do you live?), mi dice che lui non vedeva niente di rotto... sospiro di sollievo ... di breve durata ...
Infine mi portano dentro, in una stanzetta dove nell'attesa di essere vista dal dottore me la stavo facendo sotto, morivo di fame e sonno, mi stavo congelando, stavo diventando isterica e il mio gentile accompagnatore voleva mangiare la torta al cioccolato che avevamo nel mio zaino (incredibile ma vero, nonostante il triplo salto mortale con piroetta spiaccicosa, niente del contenuto dello zaino si era rotto, sarà forse perché peso come una piuma???).

Alla fine arriva il dottore, George ma non Clooney, che mi guarda sghignazzando e mi dice eriubriacatieridrogataqualcunotihaspintoseimaistatainIndiadatochehaiuntatuaggioindianohaiqualcheragioneperritenerediessereincinta? - detto così mi ha un po' frastornato, gli ho blaterato qualcosa e lui è di nuovo scomparso per ricomparire quando ormai la mia vescica esplodeva e dirmi che invece c'era un ossettino rotto, il famoso chipped bone e che mi avrebbero messo il gesso, ma non si pronunciava su una diagnosi un po' più precisa.

Ha aggiunto di fissare un'appuntamento con la Fracture Clinic e allora ho pensato che non potevano esserci molti dubbi sulla diagnosi, ma a Glasgow dove tutto funziona al contrario non si sa mai.
Dunque col mio gesso fresco fresco e stampelle del 1950 in taxi alle 11 di sera, dopo circa 7 ore in ospedale, siamo tornati a casa.  Ho passato due giorni a girarmi i pollici a zompettare dalla stanza al bagno andata e ritorno.
Infine mercoledì la benedetta fracture clinic; fortunatamente mi hanno levato il gesso e il mio povero piede sembrava una patatona tutta nera-verde, tutto gonfio, tipo medusa con ritenzione idrica.

Un ulteriore dottore indiano mi ha detto che sì, c'era un ossicino rotto, e mi ha chiesto:
Ma tu hai camminato?
Io non sapevo se voleva davvero saperlo o voleva farmi il cazziatone, così gli ho detto che ci avevo provato e lui allora tutto felice ha aggiunto che dato che io sono bellissima fortissima ginnica e insomma un campionessa, (vabbe, questo non lo ha detto, ma trapelava dalla sua aria assorta i 10 minuti che ha guardato la mia radiografia), niente più gesso.
Mi ha palpata qua e là e dato che davvero non sentivo nessun dolore mi ha detto che mi avrebbero dato qualcosa che non ho capito, ma ho capito che potevo ricamminare e mi è bastato.

Alla fine ciò che mi ha dato era una fascia contenitiva, di quelle che danno alle donne con vene varicose, per di più doppia, da portare per un numero di settimane imprecisato.
E io con la sindrome di Lazzaro Alzati e Cammina, per l'allegria ho camminato con le stampelle dall'ospedale a casa, cioè circa 7 kilometri, creandomi un blocco circolatorio alla mano destra, zero sensibilità alle dita per 3 giorni, quasi paralisi, ma all'ospedale col cavolo che ci tornavo.

Questa è la mia storiella, spero che vi abbia aggradato, purtroppo non c'erano telecamere a riprendere i fatti ma ho testimoni che possono confermare che questa è stata una delle mie cadute più eclatanti.

Di lì in poi un sacco di gente che mi vedeva in tuta e stampelle per strada chissà perché pensava che fossi una calciatrice famosa feritasi nell'ultima partita - lo deduco dal fatto che quattro o cinque tipi mi hanno chiesto se mi ero fatta male giocando a calcio e uno se mi sono rotta il piede prendendo a calci il mio (ex) fidanzato.

Insomma, o io ho la faccia da calciatrice o forse il mio ex ha la faccia di uno che si merita di essere preso a calci??

In ogni caso il chipped bone è ancora lì contento che naviga nel mio piede, in attesa del mio prossimo capitombolo!

22.1.12

Didattica, bikini, Gesù blu, 7km e compagnia bella

È da ottobre che qua dicono che nevicherà.
La neve però ancora non si è vista, anzi questo fine settimana c'è stato proprio un bel sole.
Di quelli che non si può rimanere a casa.
Di quelli che anche se è sabato ti svegli alle 6.
Di quelli che devi fare un sacco di cose ma alla fine ...

Volevo andare a un altro lago (Bohinj) ma poi ci ho ripensato.
Quando lavoro fino al venerdì e ricomincio il lunedì ho bisogno di stare un po' ferma.

Anche perché il prossimo fine settimana infine andiamo in gita Comenius a Budapessttttt!
Finalmente un Paese in cui non sono mai stata da aggiungere alla mia mappa di conquiste.
Ungheria, cosa ci riserverai? Tutti mi parlano delle favolosissime terme, ma sinceramente preferirei vedere dell'altro piuttosto che affrontare la tortura di dovermi comprare un costume da bagno.

Io i bikini li odio. Ma come si fa a nuotare e a muoversi con 30cm di tela sguisciosa addosso?
Il bikini ti si infila in mezzo alle chiappe, fai due bracciate ed ecco che una sisetta ribelle sbuca fuori, no, no, non fanno proprio per me queste cose. Io se proprio devo mi metto il costume da maschio e sopra la parte di sopra di un costume che contenga, trattenga, intrappoli ed eviti le fughe.

E poi ci sono le lezioni da preparare.
A parte i ppt preparo schede e attività tipo queste


Se a qualcuno interessasse questa attività era pensata per fare un po' di pratica sul USED TO.
Ognuno doveva descrivere, a seconda del fogliettino che gli capitava, cosa era solito fare prima che succedesse ciò che era specificato nel fogliettino e gli altri dovevano indovinare qual era l'evento che aveva cambiato la vita della persona. In italiano si può riciclare per fare un po' di pratica sull'imperfetto.
Però bisogna essere criptici, sennò la gente indovina subito!

Io per fare capire ai ragazzini cosa dovevano fare mi sono cimentata per prima:
- prima la mia vita era più facile
- prima non mi facevano tutti le stesse domande
- prima avevo un odore diverso
- prima spendevo di più

E così via, il tutto affinché indovinassero che prima non ero vegetariana.


E questa per fare un'attività comunicativa di market tutti in piedi, gironzolando per la classe e cercando di trovare persone che corrispondano a quanto richiesto dalla propria lista.

Se a qualcuno dovesse interessare magari un giorni posso dedicare un post alla didattica e ai consigli per i prof. alle prime armi, però fatemelo sapere, lasciando un commento a questo post!

E poi cerco video su video. Oggi mi sono sciroppata un paio d'ore di video per bambini in inglese sul cibo. Ma niente da fare, non ho trovato nessuna canzoncina che soddisfacesse i miei standard di alimentazione sana. Mica voglio fargli cantare la canzone dei fast food famosa tra i ragazzini americani.

Se non sapete a cosa mi riferisco probabilmente non avete visto il film SUPERSIZE ME.
Ve lo consiglio caldamente. Dopo averlo visto non metterete più piede in un Mac Donald's.

Eccovi la canzoncina incriminata:


In ogni caso ieri è stata uno di quei giorni che proprio non mi andava di pensare al lavoro.
E allora con Eva abbiamo deciso di farci una passeggiata in una zona di Lubiana dove io non mi ero ancora avventurata.

Così abbiamo visto nell'ordine le seguenti amenità:
- giardino botanico congelato con coppietta a sbaciucchiarsi al freddo, sicuri che nessuno sarebbe passato da quelle parti
- fiume non congelato
- giardinetto un po' congelato
- Gesù con lenzuolino blu. Sì, blu. Non lo avevo mai visto così. Ci ho attraversato la strada fuori dalle strisce pedonali, cosa che in Slovenia non faccio mai e poi mai,  per andare a fotografarlo.

                                              
                        

                                                  
                                         

A questo punto eravamo già fuori città e allora abbiamo deciso di arrivare a piedi fino al supermercato Leclerc, che sta a circa 7km da casa mia.
E non che io avessi bisogno di fare la spesa, semplicemente non mi andava di tornare a casa, e mi andava di chiacchierare un po' con Eva, perché (non credo di averlo detto), ha cambiato casa, non è più la mia vicina della porta accanto e mi mancano i nostri tè pomeridiani entrambe in pigiama e la semplicità di bussare alla sua porta quando avevo voglia di fare due chiacchiere.

Mannaggia ai suoi ex coinquilini che l'hanno fatta scappare via, grrrrr, con i loro rumori perenni, il loro disordine, le luci e il riscaldamento sempre acceso.
Non è che ora abitiamo troppo lontane, 10-15 minuti a piedi al massimo, però non è lo stesso, non è che posso uscire in pigiama e ciabatte e scalare la collina su cui è andata a vivere.


E ora lo confesso, questa è la prima volta che ho cominciato a scrivere un post senza sapere di che parlare e sono riuscita a saltare di palo in frasca che tutta 'sta roba non mi entra neppure nel titolo.

E allora buonanotte belli miei, domani lunedì e ho un sonno che mi si porta via.

18.1.12

CANZONETTE, CANI E CARO PIANETA, TI SALVEREMO!


Questo è ciò che si vedeva stamattina quando sono uscita di casa per andare a scuola.
Sveglia alle 5.
Mi concedo un'ora di preparazione psicologica per essermi svegliata così presto.
Succede i mercoledì che non c'è riunione e allora mi tocca andare a scuola da sola in treno.

Faccio colazione con la luna a farmi compagnia, e addirittura rispondo a qualche email di gente intenzionata a chiedere la borsa comenius per la Slovenia. Lo faccio appositamente alle 5.30 di mattina, affinché capiscano quali sono i ritmi di questo Paese.

Esco di casa alle 6.
E rifletto sul fatto che molti dicono che fare il prof. è una pacchia.

Se mi avessero appena depositato sulla terra da una navicella spaziale, non saprei se è giorno o se è notte.

20 minuti a piedi, poi una mezzoretta di treno,  poi altri 15 minuti a piedi. Quando arrivo a Grosuplje, a scuola, il sole non è ancora sorto.


Però tocca svegliarsi, la mattinata procede a ritmo frenetico:

- lezione di italiano con i piccoli che si incantano a ascoltare la canzone dei Puffi in italiano e volevo un gatto nero nero nero. Gliel'avevo fatta sentire prima di Natale e un ragazzino l'ha cercata su youtube perché gli piaceva. Le riascoltiamo mentre fanno una specie di esamino, e pure mi scappa la pipì, mi scappa la pipì, mi scappa la pipì papà (che per gli stranieri che mi seguono, non è che ho preso 10 diuretici, è un'altra canzoncella!)
Ho deciso che dalla prossima lezione con i piccoli (IV e V elementare) ascolterò sempre una canzone diversa, per ora l'ho fatto un po' a casaccio, quando rimanevano pochi minuti alla fine della lezione, ora voglio farlo in modo più cosciente e coerente e vedere se imparano di più ... esperimenti didattici.

- una supplenza per una delle prof. incinte che è andata dal dottore.
Con la sua terza media ci sto spesso, solo 8 ragazzini/e che parlano benissimo inglese e che sono timidi da morire. Dato che siamo in sala computer, decido di smuoverli facendogli vedere la pagina web del canile di mia sorella (per chi non lo conoscesse http://www.lunadiformaggio.com/).
Maschi e femmine, pur essendo il sito in ittaliano si emozionano.
Ho trovato un punto di contatto.
Tutti in classe amano i cani e ne hanno e ne vorrebbero uno.
Gli chiedo se hanno mai pensato di fare volontariato in un canile.
Hanno solo 13 anni, e no, non ci hanno mai pensato.
E allora ci penso io per loro, e se i genitori mi daranno il permesso, vorrei organizzare con loro una visita al canile di Lubiana. Speriamo.
Quando gli parlo di come vengono trattati gli animali in altri Paesi (tipo i levrieri impiccati in Spagna) mi pare che alcuni abbiano le lacrime agli occhi.

- un'altra lezione sul tema del volontariato con quelli del I liceo (la nona elementare qui in Slovenia).
Nessuno di loro ha mai fatto volontariato, eccetto una ragazzina che guarda caso è stata volontaria al canile di Lubiana. Pare un segno del destino. Avremo smosso un po' le loro coscienze?

- un'altra lezione dopo ricreazione che sono talmente stanca che non sento la campanella e arrivo due minuti tardi. Una prima media (la sesta C) con cui sto spesso, ragazzini vivaci e curiosi, una delle classi che conosco di più e con cui mi diverto. Amano i miei powerpoint, i miei video scemi, i miei scherzi. Insomma, mi reggono il gioco, mi seguono. Uno dei ragazzini mi fa notare che sono arrivata tardi. Ed è piacevole sentirselo dire, perché significa che non si stufano e che non pregano che mi caschi una tegola in testa per non fare lezione.

Lezione sull'Australia, pensata per la III media e riciclata anche con loro, perché il powerpoint che avevo preparato era proprio bello, con pecorelle che saltano, foto di canguri che danno i cazzotti, aneddoti vari del mio viaggio down under. I ragazzini ridono, finisce l'ora, io non ho finito il ppt e loro rimangono lì, a guardare le ultime slides che faccio scorrere alla velocità della luce. Soddisfazione alle stelle.

- ultima lezione, oggi è giornata, si parla dell'ecologia, di salvare il pianeta. Vediamo un video terrificante di tutti i danni che l'uomo sta facendo alla terra.  Vedo facce di quattordicenni preoccupati. Però loro che ne sanno che possono fare per salvare il pianeta? Bisogna educarli, cavoli!

Fortunatamente qui lo fanno, a casa e a scuola.
E le strade sono pulite, non ci sono cartacce ovunque, c'è un grande rispetto per la natura che gli Sloveni amano davvero.

Penso a Roma, sommersa di rifiuti.
Al mio quartiere, Garbatella, il quartiere giardino, che ci venne pure Gandhi in visita, che potrebbe essere così bello con i suoi lotti e la sua aria di paesino. E invece ci sono cacche di cani ovunque, cassonetti che strabordano, sudiciume generalizzato.

Penso a Murcia, dove ho vissuto per tanti anni. E allo schifo dei giovedì (e venerdì, e sabati e domeniche) sera, quando i giovani si riuniscono a bere per strada e poi troppa grazia Sant'Antonio non ci pensano proprio a buttare le bottiglie, e i bicchieri, e le buste e i resti dei loro botelleos negli appositi cestini.

Penso a Glasgow, alla decadenza urbana, alle strade punteggiate da contenitori di patatine, lattine di birra, cartacce, giornali, vomito. 

Penso che a questi ragazzini dobbiamo insegnarglielo noi a rispettare ciò che ci circonda.
Che su internet c'è tutto, ma loro che ne sanno cosa devono cercare?

E nella mia capoccetta frullano un sacco di idee.
La mia scuola fra l'altro è un' eco-scuola. 
Piantano alberi, fanno lavoretti in materiali riciclati. 
Tutte cose che scopro poco a poco e che mi fanno venire sempre più voglia di rimanerci qua,
anche se ciò implica svegliarsi alle 5 di mattina.

Buonanotte!

16.1.12

RIMEDI (contro la tristezza)

Io sono una persona felice.
Non lo sono sempre stata, anzi da adolescente ero proprio triste.
Ho addirittura scritto un testamento a 13 anni.
Ci pensavo in questi giorni di solitudine voluta.
Forse è il caso di buttarlo quando passerò per Roma a febbraio.
Non fosse che alla fine dovesse avere una qualche validità legale.

I giorni tristi per me sono davvero pochi.
Da un po' di anni mi incavolo sì, ma è difficile che qualcosa mi intristisca.
La tristezza la lascio davvero solo per i momenti importanti.
Per le persone che se lo meritano.
Per il resto rido, sorrido, scherzo e cerco di tirare su di morale tutti sparando cavolate a vanvera.

Dunque mi sono presa un fine settimana di pausa da tutti.
Per pensare, per piangere per conto mio e farmi venire la faccia da panda, occhi neri-pesti e pallidume,
e poi per cercare i rimedi alla tristezza che non può e non deve durare.

I miei rimedi in ordine sparso saranno forse un po' assurdi ma per me funzionano:

- starmene al letto, con la finestra aperta e fuori magari -5°.
Mi piace la sensazione del freddo sulla faccia e mi fa passare il mal di testa. Lubiana mi ha reso le cose un po' difficili perché il tempo è primaverile, vi dico solo che ora sono in maniche corte a casa.

- mangiare cose ripetitive e che non richiedono preparazione.
In questi giorni è stata una busta di pane integrale ai semi di non so che, comprato sulla via di ritorno da scuola venerdì, prima di sapere la notizia. L'ho finito tutto, cancellando il confine tra il prima e il poi. Quello e basta. Non con il formaggio o con la marmellata. Solo pane. Ritorno alla semplicità. E pure un sacco di mandarini. Che tolgono la nausea che uno ha di solito quando ha pianto un sacco.

- leggere blog a casaccio di altre persone che stanno in giro per il mondo, immergermi nelle loro vite e dimenticarmi della mia per qualche ora.
Ridere delle loro scemenze, capire le loro debolezze, e lasciare commenti qua e là, perché a volte in questo universo cibernetico si ha l'impressione di scrivere nel vuoto.

Uno in particolar modo mi ha aiutato e allora lo voglio ringraziare qua.
http://congedoparentale.blogspot.com/
Grazie Stefano, le storie tue e delle tue bambine mi hanno fatto compagnia durante una notte pressoché insonne e mi hanno fatto sorridere fra le lacrime.
E consiglio a tutti di passarci a visitare il suo blog, quando siete tristi, o incavolati, o annoiati. Fa tornare piccoli, ed era proprio ciò di cui io avevo bisogno.

- guardare dalla finestra il sole che sorge.
Questo rimedio necessariamente legato a un altro, cioè quello di andarmene al letto tipo alle 9, e svegliarmi prima delle 6. In realtà questa è la mia routine slovena, non ho dovuto fare nessuno sforzo. Però di solito alle 6 di mattina sto uscendo di casa pe andare a scuola, invece in questi giorni mi sono seduta alla scrivania, con davanti le mie due tazze di tè e di caffè e ho guardato il cielo.

- farmi una passeggiata fino al castello, non ci andavo da agosto, e vedere le montagne innevate.
Farmi venire il fiatone inerpicandomi su per la collina e poi cercare casa mia dall'alto.


- mettermi i calzini mille colori.
Li porto quasi tutti i giorni in realtà. Ne ho 3 o 4 varietà, 6-7 paia.


Questi sono quelli i più belli. La mia unica concessione al mondo tutto blu.
E mi fanno pensare alle facce dei bimbi di prima quando un giorno per insegnargli i colori in inglese al doposcuola mi sono arrotolata i pantaloni e ci siamo messi a dire redorangeyellowgreenbluepurple mentre io gironzolavo stile Sbirulino per la classe.
E perché a zia i miei calzini facevano ridere, e mi chiedeva sempre: ma dove le trovi queste cose?

Ho pure cercato un posto dove accendere una candelina e lasciarla lì, ma non ne ho trovato nessuno, dunque andrò in giro con una candela e fiammiferi nella giacca finché non troverò il posto adeguato.

Grazie a tutti quelli che in questi giorni mi hanno mandato messaggi e mi sono stati vicini.
Prometto che nei prossimi giorni cercherò di combinarne delle mie a più non posso per ricambiare la pazienza.

14.1.12

Ciao Zia. Mi manchi già.

Ho avuto due settimane quasi per assimilare l'idea che una parte di me se ne stava per volare via. Devo scrivere perché non sono là, non ho avuto il privilegio di salutarla se non per telefono qualche giorno fa.
E ora che gli altri si riuniscono davanti a lei che se ne va, io sto qua da sola nella mia stanza, con il sole che fa capolino fra le nuvole e rispecchia il mio umore, perso fra tristezza e ricordi.

Ieri mia zia Fernanda se n'è andata.
Aveva quasi 94 anni, ed ha vissuto una vita lunga e piena di viaggi,di persone, di difficoltà e di momenti felici.
Lei era piccoletta ma tostissima.
Di quelle che all'apparenza sono buone buone, ma sotto sotto hanno un grinta che le generazioni di ora ci possiamo solo sognare.
Io ho avuto la grandissima fortuna di condividere tanto tempo con lei quando ero piccola, e anche quando ero più grandicella, perché non avendo figli e nipoti suoi era come un'altra nonna, ma con la testa di una cugina sbarazzina certe volte.

Vi faccio un po' piangere prima, ok? Perché io piango da ieri e ho bisogno di smettere perché sto annacquando il computer. Ma magari ci scappa pure qualche risata nel mezzo.

Ciò che mi fa piangere è il mondo di oggi, che tanto spesso ci fa scordare che i nostri anziani sono una grossa fetta di noi. Che a volte ce li fa vedere come un peso. Una difficoltà.
E non vediamo le difficoltà che hanno loro, perché noi non ci siamo ancora arrivati.
Quanto è duro a volte solo aprire una porta perché la serratura fa le bizze, o riuscire a leggere le istruzioni del nuovo forno perché sono scritte minuscole, o semplicemente splalmarsi la crema idratante sulle gambe perché e chi ce la fa a piegarsi.

Io ho aperto la sua porta tutte le volte che ho potuto in questi ultimi anni, e sono pure entrata a casa con lei per vedere che fosse tutto ok, per tirare fuori dai suoi pacchetti di regali di Natale le cosine da mangiare affinché non finissero nell'armadio dimenticate fra una sciarpa e una tazza, ad abbassare una serranda tanto pesante, o semplicemente a buttare la mondezza per farle fare una cosa in meno.

Il 25 dicembre, solo 3 settimane fa, quando l'ho accompagnata a casa da casa nostra mi sono trattenuta con lei alcuni minuti, e l'ho aiutata a mettersi piano piano il pigiama, e ho pensato che i nostri ruoli erano invertiti, ora ero io ad aiutarla a vestirsi, come lei avrà fatto con me mille volte che io neppure ricordo.

E ne sono felice, perché so che quella notte lei ha dormito meglio, perché era stata con noi, benissimo, molto meglio degli ultimi anni, aveva mangiato tutto, le avevo pure fatto vedere le mie foto sull'ipad e pure che si vedevano piccole e per lei erano di un posto come un'altro, era contenta perché le condividevo con lei. E ci eravamo abbracciate, andandomene, e lei sorrideva.

Sono felice di esserci stata in momenti tosti, come una notte che la sua vicina ci ha chiamati perché zia era caduta e io sono corsa, perché viviamo così vicini, finché non fosse arrivata l'ambulanza, a tenerle la mano, mentre lei ripeteva mamma mamma ed aveva gli occhi di bimba di 90 anni impaurita. Io c'ero e le ho promesso che non me ne sarei andata fino a che non l'avessero portata in ospedale e poi ci sono andata pure correndo, al pronto soccorso, perché io odio gli ospedali e i corridoi dove ti mollano in attesa e non volevo che stesse sola ed avesse paura.

Alla fine era diventato quasi uno scherzo fra di noi, lei che si ammalava in coincidenza coi miei ritorni a Roma, io che andavo a casa sua il giorno che il dottore doveva visitarla, il dottore che mi ritrovava là e mi chiedeva: ma tu non vivi all'estero!? E io facevo l'occhiolino a lei, perché lo sapevamo tutte e due che il dottore era uno scapolo d'oro e lei secondo me organizzava questi incontri apposta, perché voleva vedermi felice, sposata, con figli. E purtroppo questa soddisfazione non gliel'ho data prima che se ne andasse.

C'ero pure un'estate di quelle terribili per le sue gambe, e sono stata un pomeriggio intero a metterle la crema idratante sulla pelle secca, e a massaggiarla, come avevo visto fare tante volte da lei. E mi sono sentita bene, perché in questo mondo che corre e in cui ci scordiamo del contatto fisico e di esserci con la testa quando facciamo le cose, quel massaggio e quel contatto e i racconti della sua gioventù in America non me li scorderò mai.

Se non ci fosse stata lei con le sue lezioni di inglese da quando ero piccola piccola e i suoi album di foto di giri per il mondo, chissà, forse non sarei la trottola che sono, non mi sarei avventurata di qua e di là, ma l'ho detto, lei è una fetta bella grossa di me, come lo era pure mio nonno, suo fratello, e ora le lacrime non ne vogliono proprio più sapere di smetterla di appannarmi gli occhi e chissà che scrivo.

Con lei da piccola andavo al mare, e lei, che era una zia molto apprensiva, non mi staccava gli occhi di dosso, e mi faceva nuotare solo nella piscina dei piccoli, ostinandosi a tenermi la mano. Ve lo immaginate nuotare a bordo vasca, tenendo un braccio fuori, in 50cm d'acqua?

E poi mi rimpinzava di pasta con le polpette, che portava in appositi tupperware, ( che sicuramente sono ancora a casa sua e uno lo voglio assolutamente, per ricordarmi quei pranzi), che poi per farmi il bagno dovevo aspettare almeno 4 ore.

E poi aveva deciso di farmi lei un costume di cotone a maglia, azzurro, e la prima volta che c'ero entrata in mare questo s'era gonfiato tutto d'acqua e mi era calato giù, lasciandomi con il sedere scoperto.

E andavamo pure a Villa Celimontana a raccogliere i pinoli, e poi lei mi permetteva di girare scalza per casa sua e addirittura di uscire in terrazzino scalza, ad aprire tutti i pinoli trovati e a farne una scorpacciata.

Casa sua è piena di soprammobili e ricordini di tutte le parti del mondo, delle immancabili caramelle al miele, la naftalina negli armadi, e fino a qualche anno fa, di cioccolatini e biscottini nascosti in un armadietto perché lei è sempre stata una gran golosona come me.
Proprio questo Natale, dopo il pranzo luculliano di mia madre, lei non aveva rinunciato a un pezzo di torrone, ricordandone le proprietà lassative!

Lei quando ero piccola giocava con me per terra - cosa che io ora imito e ripeto con le mie nipotine -, lei mi ha tenuto la mano quando il mio fidanzato in prima elementare si era quasi avvelenato con dell'acqua non potabile durante una gita ed io ero preoccupatissima.

Mio padre, a cui piace scherzare, ci mandava in missioni impossibili e ridicole, che dettava per filo e per segno a lei al telefono e lei non si rendeva conto neppure dello scherzo.
Io voglio pensare che lo sapeva benissimo che di scherzi si trattava, ma era un'occasione per passare un po' di tempo con me, a zonzo per Roma. E così un giorno siamo partiti alla ricerca delle scarpe ADA ( perché mio padre chiamava le scarpe da ginnastica: scarpe ADA ginnastica) e i negozianti non sapevano proprio che marca fosse questa ADA.

E poi il circo, il lunapark, le torte di mele, e il suo baschetto e la sua retina per i capelli, e da adolescente ascoltare con lei le canzoni dei Roxette e cercare di trascrivere il testo perché 20 anni fa mica c'era internet e i cd con i testi delle canzoni!

I ricordi si affollano e la testa mi fa male, in questo momento si sta celebrando il suo funerale e allora me ne starò in silenzio per un po', a guardare le nuvole immobili e il sole che fa capolino, a piangere un altro po' e anche a ridere quando mi viene in mente qualche altra fenomenale giornata in sua compagnia.



Ciao zia Fernanda, mi manchi già.

11.1.12

Pensieri e canzoni

Ho un po' di pensieri per la testa.

Pensieri così così.

Di solito non scrivo post pensierosi.

Però succede a tutti credo, quando le persone della propria famiglia cominciano a invecchiare, e stanno male, e finiscono in ospedale, e tu pensi che senza di loro non saresti quello che sei, che ti hanno insegnato un sacco di cose di cui a volte neppure ti rendi conto.

E poi un bel giorno qualcuno ti dice una frase, o fa un commento su di te, o ti domanda incuriosito dovecomeperché e tu allora, all'improvviso ci rivedi loro, nelle tue parole, nelle tue risate, nelle tue spiegazioni e in quello che fai.

Uno degli svantaggi di stare all'estero è questo.
Che non ci sei.
Nelle situazioni di emergenza, quando ci sarebbe bisogno di una mano,
o forse solo di esserci, beh, tu non ci sei.
Ti perdi i momenti belli, e soprattutto manchi in quelli meno belli.
E ti senti un po' in colpa di non esserci.
E ti senti un po' in colpa se nel tuo altrove continui la tua vita di tutti i giorni.

Io sono andata, per caso, a un concerto.
Di solito non ascolto musica.
Lo so che è strano, ma è così.
Pure che mi chiamo Cecilia, patrona della musica.

Un concerto in un bar piccolo piccolo da sembrare il salotto di casa.
E interrotto dai vicini che hanno chiamato per avvisare che avrebbero mandato la polizia.
Che toccava levare le tende.
Sloggiare baracca e burattini entro le 9.
Non le 5 di mattina, ma le 9 di sera.
Nei paesi civilizzati il riposo serale e notturno è sacrosanto.

Però sono rimasta con la curiosità di ascoltarne altre di queste canzoni.
Malinconiche, e dolci.
Con il sapore dei ricordi che fanno male perché sono stati così intensi, così solari, così pieni di risate e di amici e di ... e di ... che il presente a volte si fa un po' vuoto.

Poi magari lui, il cantante (Renato Urterberg, austriaco), vorrebbe proprio raccontare in musica qualcosa di diverso. Con i suoi capelli sbarazzini e occhi da ragazzino.

Così, nonostante i pensieri e nonostante la sveglia che suona alle 5.30am, ieri ci sono andata di nuovo a sentirli.
Suonavano in un altro posto dove la polizia non sarebbe arrivata.

Ed ora insieme ai miei pensieri ronza una canzone.


Farewell, for tonight.

10.1.12

E la frittata è fatta ...

Alla fine penserete che sto svolgendo una specie di esperimento per mettere alla prova il mio stomaco e vedere fino a che punto resiste, sia per la quantità di cose che trangugio, sia per il tipo di commestibili e non con cui lo riempio.

Qui l'Epifania, o meglio, la Befana, non si festeggia.
Si torna a scuola il tre gennaio.
Leggevo sconsolata di come tutti i Comenius sparsi qua e là o erano ancora a casetta, o mangiavano dolci dei rispettivi paesi di accoglienza. E io niente. Avevo pure promesso di non mangiare cioccolata, accipicchia.
Mi sentivo una sfigata. A pranzo a scuola mi avevano addirittura dato una sorta di pasto da ospedale: purè di patate, purè di spinaci, 1 mela, due mandarini.

Poi però Eva, la francese, mi parla del dolce che mangiano loro in Francia.
La Galette des Rois.

A me Galette fa pensare alle gallette, tipo cracker insapori.
C'era un episodio sul giornalino di Topolino di un milione di anni fa in cui Paperino per errore o per sfortuna si ritrovava con una scorta di quintali di gallette e non mangiava altro per settimane.
E diceva: sono stufo, stufo e arcistufo di mangiare gallette.

Poi ci sono le galletas in Spagna. I biscotti per capirci.
Ma i biscotti spagnoli - non me ne vogliano i miei lettori ispanici - fanno un po' schifo.
Le Galletas Maria. Più che biscotti ti fanno pensare alle ostie della comunione. Ne mangi una e fa talmente schifo che reciti automaticamente l'atto di dolore.
Le galletas Principe. Con la cioccolata in mezzo. Ma non quella buona. Quella che ti lascia un retrogusto di tipo scarti di pesce.

Insomma, io sono cresciuta a macine e pan di stelle, dunque i biscotti in giro per il mondo non mi soddisfano.
Solo in Scozia ho trovato il mio paradiso, o forse inferno.
Ero capace di scofanarmi l'intera confezione di Digestive ricoperti al cioccolato.
Per pranzo.
2400 calorie.

Ritornando alla Galette francese.
Eva me ne parla e io non ho proprio idea di cosa sia.
Mi dice che dobbiamo prepararla.
E io accetto, pensando che la prepareremo il fine settimana.
Invece dopo un'oretta mi bussa alla porta, con un recipiente in mano e dentro gli ingredienti.

E vabbè, che ci potrà essere di peggio che mangiare le decorazioni dell'albero di Natale?
Facciamo 'sta galette.

Eva non ha proprio tutti gli ingredienti necessari.
E soprattutto non abbiamo una teglia adatta per infornarla.
Menomale che io non butto via niente e così trovo in ripostiglio una teglia di alluminio che conteneva qualche settimana fa dei cornetti schifosissimi comprati al supermercato.
Non ho fortuna con i dolci.

Decidiamo di usare quella.
La Galette è fatta con ingredienti semplici.
Farina, uova, roba così.
Eva mescola tutto e in un batter d'occhio inforniamo.
Non abbiamo il burro per imburrare la teglia, ma vabbè, uso l'olio d'oliva insapore che ho comprato 4 mesi fa.

Inforniamo dunque e attendiamo.

Sarebbe dovuto venire fuori qualcosa del genere.


Invece il dolce ha cominciato a gonfiarsi come 4 paia di tettone.


Abbiamo cominciato a farci foto sceme in cui sembravamo un mostro a due teste
da cui spuntava un braccio bitorzoluto.


E poi non sapevamo se era pronto o no.
E alla fine ha cominciato a bruciarsi e allora abbiamo deciso di tirarlo fuori dal forno.
Ed ecco a voi il risultato finale



Sapeva di frittata fatta al forno.
E non c'è neanche bisogno di dirlo.
Me lo sono mangiato lo stesso.

6.1.12

GNAM, GNAM ...

Quest'anno ho promesso di non mangiare patatine o pop-corn e simili.
Le patatine (crik-crok) in realtà non le ho mangiate neppure per tutto il 2011.
Poi ho pure promesso di evitare la cioccolata quanto più possibile; almeno un giorno alla settimana deve essere senza cioccolata. Per due giorni al mese invece vorrei provare a mangiare solo frutta e verdura, per disintossicarmi.

Però, però ...

Cominciamo dall'inizio.

Il 3 gennaio sono tornata a Lubiana.
Volo dal Belgio di prima mattina.
Colazione alle 5.30.
Sull'aereo della compagnia slovena Adria alle 9.30 mi hanno piazzato davanti una bella fettina di vitella ai ferri. Io dormivo quando sono passate le hostess con il carrellino, così non ho potuto far notare loro che sulla prenotazione avevo specificato menù vegetariano. C'era pure una bella minifetta di melone spiaccicata sulla carne, dunque immangibile per me, e una specie di budino giallognolo insapore, immangiabile di per sé.

Mi ero portata appresso due panini mozzarella e pomodoro, ma trattandosi di un aereo mini mini mini, il mio bagaglio a mano mi era stato sottratto per essere messo chissà dove. Con panini inclusi.

Quando sono arrivata al miniaeroporto di Lubiana, Brnik, ho preso il pullman al volo, senza sapere che sarebbe passato per tutti i paesini e paeselli fino ad arrivare in città. E non mi pareva il caso di scrofarmi i panini e ruminare dietro la capoccia del conducente.

Lo stomaco vuoto ruggiva.
Sono arrivata a casa affamata.
I panini con la mozzarella però non mi ispiravano molto.
Erano pronti ormai da 8 ore. Belli flaccidi.

Eppoi sulla mia scrivania la mia gentilissima vicina Eva, mi aveva lasciato un regalino di buon anno.
Un bigliettino di auguri, una candelina con portacandela fatto a mano, e dei biscottini natalizi.
Belli, bellissimi. A forma di stellina, di alberello, di pupazzo di neve. Ricoperti di glassa blu.

Un peccato mangiarli, no?
Però volevo proprio qualcosa di dolce.
E così ho addentato il primo.

Un po' duro a dir la verità.
Ma vabbè, ho pensato, sono sulla mia scrivania dal 24 o 25 dicembre, è normale.
Sono diventati duri perché la mia coinquilina avrà tenuto il riscaldamento a palla tutte le vacanze dato che io che sono l'anima ecologica della casa non c'ero.
E poi sono fatti a mano.
Con tanto amore.
Altro che Mulino Bianco.
Ecco perché hanno pure un sapore un po' strano.
Sarà lo zenzero.

Magari se mi faccio una tazza di caffellatte e ce li intingo dentro ...
... detto fatto.
E in men che non si dica i biscotti sono finiti a decorare il mio stomaco.

DECORARE.

...
...
...
...

Nel pomeriggio ricevo un messaggio di Eva.
In cui mi dice che mi ha tenuto in serbo un pezzo di torta di carote che ha fatto come dolce di Natale.

Mmmmm ...
ma come?
E i biscotti???

Ah, no, quelli no, perché non erano biscotti!

ERANO DECORAZIONI PER L'ALBERO DI NATALE!!!!

Il sapore strano erano dovuto agli smalti colorati che li ricoprivano per evitare che ammuffissero.
Dato che erano stati preparati la bellezza di 2 anni fa.

E io me li sono pappati.

Mica avevo promesso che non avrei mangiato decorazioni dell'albero di Natale, no?

Non sapete che farvene del vostro albero di Natale? Datemo, lo trangugerò.
Statuine del Presepe a cui manca qualche pezzo? Ci penso io a farle sparire.
Palline, stelline, omini di neve, renne, Babbi Natali? Non lasciatele in giro che me le magno!