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1.6.12

Un anno fa

Scusate se questa storia l'avete già mezza letta a mozzichi e bocconi qua e là.
Ma oggi, a un anno da quel momento, voglio riproporla per parlare di qualcosa di positivo.
Dei sogni che diventano realtà, dei cambiamenti, del cuore che si spezza e mi ricorda che sono viva.

Esattamente un anno fa ero in classe, una di quelle classi difficili, con una di quelle professoresse di mezza età (come alunna) che studiano l'inglese chissà perché e che vogliono decidere loro che esercizi fare, perché tu, cara mia, non hai mica i miei anni di esperienza e che ne vuoi sapere.

Mi fumava il cervello, fuori ci dovevano essere almeno 35°, si avvicinavano gli esami finali, gli alunni erano nervosi perché quel livello di inglese era per molti quello richiesto per fare Master, prendere abilitazioni, andarsene in erasmus.
Era una classe con cui dall'inizio non ero andata molto d'accordo.
Faticavamo, arrancavamo.

Stavo spiegando qualcosa e all'improvviso vedo una chiamata sul cellulare spagnolo.
Di mia madre.
Dall'Italia.
Che in 12 anni in Spagna non mi aveva mai chiamata sul cellulare spagnolo.

Forse anche lei era incoscientemente cosciente del peso della notizia che stava per darmi.
E non poteva mandarmela per messaggino, come fa quando vuole dirmi di ti è arrivato un pacchetto. Che tempo fa lì da te? Qui piove! Per il pranzo di Pasqua ho preparato queste prelibatezze (che tu non mangerai perché non ci sei, tié!).

Io il telefono lo tengo senza suoneria e lo uso come orologio.
Anche come allarme-sveglia durante i corsi di lingue, per ricordarmi che dopo due ore di lezione magari devo fare una pausa se non voglio rischiare di uccidere qualcuno per overdose di grammatica, ascolti, esercizi, bla bla bla.

Quel giorno lo avevo guardato proprio per vedere l'ora.
O forse perché avevo avuto una premonizione.

Comunque, ritornando a noi, mia mamma mi aveva chiamata.
E io, che già sudavo le sette camicie, avevo avuto paura.
Paura che fosse successo qualcosa a qualcuno degli anziani della mia famiglia.
Paura di qualche incidente, disgrazia.

Non ho pensato a niente di positivo, ma come un automa ho detto agli studenti di fare un esercizio, che era un'emergenza familiare e sono uscita dalla classe con il cuore in gola.

Ho chiamato mia mamma, e per 3 minuti buoni abbiamo parlato senza capirci.

Lei mi diceva è arrivata e io pensavo, nel mio cervello dialettale-colloquiale, che qualcuno della mia famiglia era arrivato di cervello (ndr: impazzito), lei mi diceva che era successo di mattina e io pensavo ma com'è allora che mi avverti solo ora, lei mi diceva che l'aveva presa il portiere e io immaginavo ambulanze, chiamate telefoniche frenetiche, corse all'ospedale.

Poi ha detto la parola magica:
Lubiana.

Lubiana?

Sì, sì, mi ripeteva. Non è a Lubiana.

Ma chi, cosa, come, quando, perché?

E infine il cervello e le voci si sono sintonizzate.

La lettera, è arrivata la lettera.
Ti hanno presa per il Comenius.
Però non è a Lubiana.

E io ho cominciato a piangere.
Lì, nel corridoio, a due passi dalla mia classe.
E non ci capivo più niente e dovevo tornare dentro a lezione.

Mandami un messaggio con il nome della scuola.

E poi il giorno successivo era il 2 giugno e loro non andavano in ufficio e non mi potevano scannerizzare la lettera per mandarmela.
La lettera che era tutta in sloveno, e che i miei genitori avevano cercato di tradurre un po'.
Per dirmi che si trattava di una scuola elementare, in un paesino che come si pronuncerà (ndr: Grosuplje si pronuncia Grosuplie).

Sono rientrata in classe che davvero volevo promuoverli tutti.
Sono rientrata in classe ma il cervello era già altrove, quell'altrove in cui mi trovo ora e che dovrò lasciare fra 25 giorni.

Sono rientrata in classe che piangevo, annunciando che me ne andavo.
Da una Spagna incasinata, ferita, disastrata, al collasso.
Me ne andavo a respirarmi una boccata di aria fresca altrove.

Così è stato.
Una lunga boccata di aria fresca durata un anno.

Sto confondendo tutti con i miei post in questi giorni.

Chiariamo.
Stamattina ho comprato il biglietto di ritorno con Ryanair.
Torno a Murcia (via Trieste - Valencia), dovre insegnavo prima, perché c'è il corso intensivo di luglio ad attendermi.

Ma si vede che neppure Ryanair è convinta di questa scelta, perché non mi mandano la conferma dell'acquisto per email.

A quelli che mi chiedono quali sono i miei piani per il futuro (dopo luglio) dico che quest'anno mi ha insegnato a non pensarci troppo. Che i momenti migliori sono stati quelli improvvisati.

Viaggi, passeggiate, risate, gelati, mare, montagna, lago, sole, pioggia, neve.
Ragazzini, sorrisi, insegnare, colorare, cantare.
Pagliacciate.
Svegliarsi all'alba, camminate, biciclettate, vagabondaggi.
Foto, foto, foto, foto.
Valigie fatte, disfatte, zainetti.
Un tatuaggio.
Treni, aerei, macchine, pullman, scarpe consumate.
Amici, sorrisi, colleghi, onestà, fiducia.


Questo è stato quest'anno.

Ieri cercavo parole non mie per esprimere ciò che sento e ho trovato queste righe di un libro, che cercherò e leggerò magari sulla via del ritorno:

“You get a strange feeling when you're about to leave a place, like you'll not only miss the people you love but you'll miss the person you are now at this time and this place, because you'll never be this way ever again.”  
Azar Nafisi, Reading Lolita in Tehran

(Traduzione: si prova una strana sensazione quando si sta per lasciare un posto, del tipo che non solo ti mancheranno le persone a cui vuoi bene, ma ti mancherà anche la persona che tu stesso sei ora, in questo tempo e in questo luogo, perché tu noN sarai mai più come sei ora.)

Poi, dato che ieri sera non riuscivo a dormire, mi sono messa a pensare a come sono io ora, a cosa mi lascerò alle spalle. Eccovene una spiegazione fotografica.

5 commenti:

  1. cara collega, e prima ancora amica di lunga data, finalmente mi decido a fare un'incursione nel tuo blog e scriverti due righe. Bello questo flashback che descrive quel famoso 2 giugno, adesso che sei on the way back to Murcia, dimmmi se passi da Roma, dove mi trovi, che anch'io ho dei flashback da condividere!
    Intanto in bocca al lupo per la chiusura di questa esperienza slovena....
    Angelo Nicotra

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  2. No, per ora non passo per Roma, volo direttamente dalla Slovenia alla Spagna perché sennò sarebbe un'ammazzata. Forse torno ad Agosto.

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  3. Che bel ricordo! Sì, le notizie migliori arrivano sempre quando meno te le aspetti! Ti auguro di farne tante tante altre di esperienze così belle come quella che hai descritto in questo blog!

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  4. Che bella la frase che hai trascritto...la voglio memorizzare!
    Anche per sostituire quel famoso "Addio ai monti" che anche io senza volere bisbiglio quando riparto da un luogo!Sarà ora di cambiare!!!

    Pensa al tuo passaggio a Lubiana come ad una storia d'amore che si chiude prima che l'amore si consumi, ancora nel pieno della passione!!

    Oggi è una splendida giornata di sole, mancano pochi giorni al termine delle lezioni e chissà perchè è come se già fossi stata in vacanza.
    Avverto la stanchezza ma ho tanti progetti e tante idee che mi fanno sentire davvero VIVA.
    E sono felice così, semplicemente.
    Tina

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