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27.4.12

Bosnia, l'assedio, il tunnel, le rose

 Quando 6 anni fa ero in gita a New York durante il mio anno di assistentato Fulbright negli USA un giorno all'improvviso girai un angolo, e bum, Ground Zero.

Se me lo avessero raccontato, di quel senso di vuoto soffocante,  quell'energia negativa, non ci avrei creduto, avrei pensato che era tutta suggestione.

E invece quel giorno io giravo per New York felice e contenta, a fare shopping a tutto spiano, e non ci pensavo all'11 settembre, e poi avevo girato quell'angolo e avevo sentito la forza di quel buco nero, delle vite che non c'erano più.

Chissà come sarà dopo 20 anni.

La Bosnia a 20 dalla guerra anni non è solo tristezza e distruzione, ma anche il ricordo del coraggio delle persone di Sarajevo, sopravvissute a mesi di fame, sete, freddo e cecchini che si divertivano ad ammazzare civili (12000 morti, 50000 feriti) che se ne andavano al lavoro, o a cercare da mangiare, bambini, anziani, donne, uomini, senza logica e senza pietà.

Sotto l'aeroporto di Sarajevo, territorio neutrale delle Nazioni Unite, i bosniaci costruirono un tunnel (trovate informazioni qui e qui) di 800 metri, per scampare all'assedio,  il più lungo della storia del mondo moderno, ma non per fuggire dalla loro città, che senza popolazione sarebbe capitolata, sarebbe stata perduta.

Attraverso quel tunnel sotterraneo, quasi un chilometro di lunghezza e solo 1.60m di altezza e poco più di un metro di ampiezza, a Sarajevo venivano portati viveri, acqua, medicine e, sebbene fosse proibito, anche capre e altri animali. Venivano inoltre fatti passare i militari e armi per difenderla la città e portare fuori i feriti.

 Non riesco a immaginarmi lo sforzo immane, il senso di soffocamento, l'acqua a volte fino al ginocchio, le spalle cariche di viveri e poi una lunghissima camminata per tornare in città, e sperare di arrivarci e sfamare le proprie famiglie.

Ci sono stati fatti film, scritte poesie, canzoni http://en.wikipedia.org/wiki/Siege_of_Sarajevo

ma solo quando ti imbatti in una rosa di Sarajevo, una cicatrice nell'asfalto, solo allora la senti quell'energia positiva, il coraggio e la voglia di farcela che ci sono voluti ai bosniaci per sopravvivere quegli anni.


(Le rose di Sarajevo sono macchie rosse sulle strade della città che indicano i punti dove caddero le granate sparate durante l'assedio. I buchi sono stati riempiti, ma colorandoli di rosso, per non dimenticare).

4 commenti:

  1. grazie per questi dettagli su sarajevo, non ci sono mai stata ma riesci ad evcare benissimo l atmosfera..

    quando hai tempo passa da me, c e un giveaway a tema merenda

    ps, COMPLIMENTISSIMI PER LA FULBRIGHT!!!!!!!

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    Risposte
    1. Valentina, vale la pena andarci. Sto cancellando qualche vecchia foto sul blog che magari è un po' superflua per poterne pubblicare altre di Sarajevo. Non ho ancora deciso se voglio davvero aprire un altro blog per poter caricare altre foto, per ora quindi cerco soluzioni alternative.

      La fulbright è stata una bella esperienza, mi sembra siano passati secoli però. A quei tempi uscivo quasi tutte le sere e portavo addirittura la minigonna!

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  2. anch'io andrò a sarayevo quest'estate....chissà.

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  3. Quanto rispetto per la sofferenza di queste persone...

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